Taranto dal punto di vista dei lavoratori
Conosciamo Taranto come la città della siderurgia fra inquinamento e disoccupazione in perenne emergenza, sprofondata in un dissesto economico e culturale tanto grande da apparire eterno, non è così, o almeno, non lo è sempre stato, e questo basta per cancellare l’avverbio “sempre” dal racconto su Taranto.
All’indomani dall’unità d’Italia, Taranto è, ancora, una cittadella, dove sono floride le attività della pesca e della molluschicoltura ma, non sono sviluppate le attività mercantili perché manca una borghesia imprenditoriale (peraltro presente nelle realtà limitrofe come Martina Franca o Manduria). Il lavoro ed il conseguente boom economico, arrivano con la costruzione dell’arsenale militare e dell’annesso incremento dei traffici ferroviari.
Ferrovieri ed arsenalotti sono i primi lavoratori dell’era industriale della città che trova in piazza della Fontana l’agorà dei primi rudimentali sindacalisti. Mentre fra il 1887 ed il 1900 il Meridione d’Italia conosce l’amaro esodo dell’emigrazione, la nostra città attira manovalanza al punto che la popolazione raddoppia nel giro di venti anni. A questo momento positivo seguono picchi alti e bassi legati ad una finanza troppo dipendente da grosse industrie d’impronta statale siano esse l’arsenale militare, i cantieri navali o l’italsider. Nel libro:” Sovversivi di Taranto” di Roberto Nistri e Francesco Voccoli Troviamo la storia del movimento operaio Tarantino raccontata attraverso le vicende di uno dei protagonisti Odoardo Voccoli, un lavoratore per i lavoratori. Pagine ricche di nomi, dettagli, colori… quelli appannati e sbiaditi nei discorsi rassegnati di chi nemmeno sospetta la vivacità dei nostri bis-nonni.