La finestra di Gipi
La storia inizia con un uomo improvvisamente cosciente del proprio malessere, un’insoddisfazione che lo rende apatico e svogliato nei confronti della vita stessa. Dopo un’accurata analisi introspettiva, capisce che il problema è di salute fisica e va dal medico specializzato il quale, subito, gli ordina di spogliarsi completamente e di mettersi vicino alla finestra a porta, da cui entra più luce che dal neon della lampada rotta vicino al lettino per le visite. Una grande finestra di fronte alla quale c’è un palazzo popolare con gente affacciata ai balconi, appositamente per godersi lo spettacolo!
Questa è anche l’immagine giusta per raffigurare la scena svoltasi al cineteatro Bellarmino, lunedì 4 maggio, in occasione della rassegna Penna a sonagli, organizzata dalla associazione culturale tarantina Punto a capo, ospite dell’incontro conclusivo Gipi (al secolo Gian Alfonso Pacinotti), uno dei grafic novels più acclamati in Italia ed all’estero. La sua performance teatrale consiste nella lettura di alcune pagine del suo più recente libro di fumetti LMVDM – LA MIA VITA DISEGNATA MALE. E qui la sorpresa: parole esaustive, frasi complete che sembrano venir fuori da un romanzo e non dallo spazio limitato ,o condiviso, con una immagine.
La musica di Luca Giovacchini, sul palco, ha intensificato sia la potenza vocale sia il suo impatto emotivo; Gipi ha spudoratamente esternato i suoi pensieri più intimi e le sensazioni più nascoste, come dinanzi alla finestra di sopra, cercando di compensare la mancata visione dei disegni con espressioni mimiche e suoni onomatopeici.
Nel libro a pagine in bianco e nero dai tratti veloci si alternano altre, con tavole realizzate ad acquerello o con colori ad olio (caratteristici di questo autore). Questi ultimi sono bellissimi, l’autore dichiara: “fatti per far vedere che so disegnare”, un’ alternanza di luci e colori che crea un effetto allucinante e destabilizzante, una altalena fra realtà vissuta e realtà percepita, dove la verità è la fusione fra parola ed immagine, un tutto armonico e non, solamente, complementare. “La casa editrice Rizzoli mi ha proposto di scrivere un romanzo, ma ho rifiutato, a me piace raccontare storie con immagini in successione, una volta ho provato a dipingere ma poi, mettevo i dipinti uno affianco all’altro…”.
Disegnare è per lui un gesto istintivo e naturale, malgrado, prima della stesura, egli si prepari con studi impegnativi di giorni, poi però la storia prende corpo da sé per librarsi a metà fra cielo e terra, nel regno del possibile e del ricordo presunto, dove il protagonista è la proiezione dell’io parlante, la sua proiezione che può guardare come se fosse estranea a sé stesso.
Lo stile di Gipi è semplice, volutamente semplice, per essere immediatamente comprensibile ed efficace; nulla, però, di banale o di scontato o peggio noioso, complici in questo sono le diverse tecniche usate e l’intreccio della trama ricco di episodi, personaggi e situazioni border- line che il protagonista vede scorrere davanti ai propri occhi di ragazzo cresciuto. Una crescita che è apertura al mondo considerato non come la scena su cui esibirsi, ma come la platea con cui interagire fino a farne parte uscendo dallo spazio limitato della propria isoletta per protendersi verso orizzonti ancora poco conosciuti.