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L’età della PENOMBRA

L’età della PENOMBRA

Signori, signorine e signorie varie, riflettendo sulla quarantena sul virus incoronato e leggendo a ruota libera… sono arrivata alla seguente elucubrazione filo-socio-psico-logica: siamo immersi nella penombra.

Seguitemi senza inciampare: nell’etere in cui galleggiamo, non riusciamo a distinguere i contorni fisici delle cose che scontriamo ma non tocchiamo. Alcune cose ci colpiscono e feriscono in piena fronte, altre scivolano sfiorandoci appena ma, comunque non le vediamo e non le “palpeggiamo” perché siamo avvolti a una penombra che ci fa intravedere ma non ci concede nemmeno ombre definite da evitare.

Nella caverna di Platone c’erano ombre ingannevoli ma precise che lasciavano spazio alla luce cosicché qualcuno (Platone appunto) ha potuto ricostruire la loro verità. Nel buio del Medioevo, tutte le vacche erano nere cosicché anche i loro padroni per trovarle, hanno dovuto desiderare e trovare la luce… Nell’illuminismo c’era un forte contrasto fra tenebre e conoscenza e scegliere era un dovere possibile e quasi obbligato… ma in piena penombra tutto diviene un simulacro lecito e simile a tutti gli altri. Uomini, animali e fiori diventano tutte cose di poco valore senza passato e senza speranza.

Poco incoraggiante questa riflessione. Smentitemi coi fatti. Accendete un cero in mezzo alla piazza e urlate il vostro nome. Graffiamo l’indifferenza che ha spento le nostre stelle in cielo. Nella solitudine imposta dalla quarantena s’indebolisce la mente ed anche il corpo al punto che la vittoria della tartaruga su Achille “piè veloce” non è più un paradosso… come stanno le cose e perché?

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