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Il segno delle idee

Il mio spazio creativo

Una lettera (IX Capitolo)

Una lettera (IX Capitolo)

Caro Gregorio,

per telefono, questa mattina, ho detto che sono preoccupata per l’interruzione delle lezioni… gli esercizi li sto facendo, non è lo stesso che venire a lezione, però, un impegno fisico e mentale c’è. Tuttavia rimane un circolo chiuso capace di ripetersi senza le variazioni significative dovute alle interferenze di una forza ceerebrale esterna. Spero che il problema sia momentaneo perché e grave: mi sta mancando proprio la voglia di sentire il mio corpo, quasi un rigetto spirituale, questo depotenzia tutto il mio funzionamento rompendo ogni “equilibrio instabile”. Come se fosse uguale, tutto uguale: prima e dopo il movimento, la volontà di realizzarlo, quasi dando per scontato la riuscita finale. Proprio questo è il punto: dando per scontato il movimento ottenuto da tanto si perde attenzione e piacere nel realizzarlo nuovamente, cancellandone il futuro ricordo.

Rileggo spesso le parole di Moshe Feldenkrais: “Paragonata con quella di altri animali, questa (eretta) è la postura più dinamica di tutte: e un continuo aggiustamento alla configurazione ideale dell’equilibrio instabile. Il portamento eretto è assicurato non dalla stabilita statica, ma dalla facilità di aggiustamento dinamico alla posizione di massima energia potenziale.” Tale aggiustamento diventa meccanico con l’esperienza che ne facciamo e il meccanico è soggetto a usura e si rompe se non c’è attenzione e manutenzione. Peggio…

L’equilibrio instabile sopra la follia (di una canzone) cede mentre lo guardo senza muovermi, guardare non basta, perché nessuno può essere salvato se non lo vuole lui per primo. Tuttavia è questione di un attimo, una disattenzione e via equilibrio, sì potresti riprenderti subito ma se perdi equilibrio e cadi pesantemente potresti romperti il femore e avere conseguenze anche umorali. Ti ho detto che mi e montata una rabbia violenta al punto di maledire il non essere morta.

Violenta, appunto violenta… le parole sono pugni allo stomaco, in questo caso rendono chiara la sensazione di colpo che non ti permette di respirare, non puoi muovere neppure un pensiero, ti mettono al tappeto e tu puoi solo stare a guardare le luci che sfumano.

Luci che ti accecano e non spariscono del tutto nemmeno mettendo la testa sotto cuscino

e coperte, cosi tre o quattro volte in una settimana ho dovuto stordirmi bevendo un bicchiere di vino per trovare qualche ora di pace. Non mi succedeva da qualche anno.

Non volevo dirtelo ma, durante l’ultima lezione, ho avuto l’impressione di aver innervosito anche te, spero di sbagliarmi, di proiettare un film sul tuo schermo e null’altro, oltre alla rabbia non posso addossarmi anche sensi di colpa, per questo ti chiedo ufficialmente scusa se ho sbagliato, confido nella tua pazienza non solo professionale.

Tengo sempre molto ai miei insegnanti siate voi d’Università, di vita o di Feldenkrais; e lo so che non sono una persona semplice e che se non ho gli artigli, ho pero spine e inchiostro nero da buttare negli occhi di chi vuole vedermi le ferite, per potrebbe essere bello affrontare le sfide… Auguri e non solo per Pasqua! Lucia

P.S. Purtroppo ci sono giorni tanto nubilosi da non distinguere le ore solari da quelle notturne, Cadere, piangere, imprecare e scoraggiarsi sono errori maledetti e dannosi ma inevitabili, come quegli iceberg che riconosci dopo averci sbattuto contro. Prima li riconosci e reagisci e prima ti perdoni di esserci andata contro, in fondo quello è l’inizio di una nuova

strada per riprendere il tuo cammino, con le parole di Moshe: “Per l’individuo l’unica alternativa è e accettare la situazione esistente, come si accettano altri mali… L’unica consolazione che chi soffre può trarre da quanto andiamo dicendo è sapere che può liberarsi dalle sue sofferenze imparando a gestire le sue motivazioni. […] Il cambiamento veramente efficace è quello che riguarda la relazione di dipendenza. […] La cosa migliore da fare, dunque, è imparare da coloro che sanno vivere, e fare tutto quanto possiamo per rendere la strada della maturità più piena e meno irta d’insidie.”

Sapere che c’è qualcosa da fare, darsi “coraggio” e l’unica ragione per portare avanti una vita degna di essere vissuta, un esercizio da fare continuamente per allenamento quello che resiste ai giorni bui e ne smorza l’intensità. I giorni bui sono sempre pronti a prendere il sopravvento, anche se puzzano: brutti, sporchi e cattivi.

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