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Caterina Ferraresi e la libertà della letteratura

Caterina Ferraresi e la libertà della letteratura

Le storie non spiegano e non dimostrano, le storie raccontano. Non hanno età e non hanno predilezioni verso un pubblico adulto o giovanissimo. Hanno un titolo ma non accettano imposizioni sul tema da trattare e trasmettono la loro libertà a chi presta loro attenzione, come ci sussurra la sorridente Caterina Ferraresi.

1. Per lei, qual’è (se c’è) la differenza fra libri per ragazzi e letteratura per adulti, cosa mette in quello che scrive e cosa cerca in quello che legge?

Sulla letteratura condivido l’opinione (assai illustre) dei fratelli Grimm che non esista una letteratura per ragazzi e una per adulti. Le fiabe per bambini non sono state inventate per loro, ma arrivano dalla tradizione delle storie raccontate dagli adulti davanti al focolare. Certo, il linguaggio si semplifica un po’ e alcuni argomenti adesso, ma non in passato, vengono lasciati in un sottotesto che i bambini capiscono comunque perfettamente.

Quello che io racconto – e quello che cerco in un libro, per bambini o adulti è lo stesso, è una storia che abbia bisogno di essere raccontata, che peschi nell’esperienza reale o immaginaria vissuta. Più di tutto detesto (avrei voluto dire aborro!) il racconto a tema, dimostrativo, quello che vuole educare con una morale, spesso già contenuta nel titolo, a un comportamento o contro un comportamento. I libri contro il bullismo, ad esempio, o che trattano l’anoressia, o contro il razzismo. Certo, è bene stigmatizzare il bullismo, il razzismo e simili, ma questo deve uscire dal racconto, non essere trattato con uno schema didascalico. Uno dei libri più interessanti, in questo senso è il non più nuovo Un ragazzo, di Nick Hornby. Per ragazzi? Per adulti? Non fa differenza: è un libro in cui questi temi sono trattati con grande sensibilità e con umorismo. Credo molto nell’umorismo, credo molto che sorridendo si possa parlare di qualunque cosa.

2. Quando e come nascono i libri per ragazzi, quanto sono importanti le immagini e quanto i suoi studi di psicologia?

La psicologia è solo uno strumento, e anche da maneggiare con cura. Contiene il rischio di voler dare una spiegazione a tutto e tutto non è spiegabile, il che è, a mio parere, l’essenza propria dell’arte e quindi anche della scrittura.

3. Col sopravvento del digitale, secondo lei, qual’è il futuro della lettura young, ci saranno differenze importanti col’oggi cartaceo?

Io non so dare una risposta a questa domanda. Credo che le due modalità andranno avanti insieme, non esiste un o/o, ma un e/e. Il digitale è più comodo, a volte, e attiva aree diverse degli emisferi cerebrali rispetto alla lettura in cartaceo. Alcuni sensi sono maggiormente stimolati con il libro/ carta, i testi digitali possono però permettere anche alcune interazioni, nel caso che il testo voglia “giocare” con questa modalità con i lettori. Alla fine perché scegliere tra marmellata e cioccolata se si possono avere tutte e due!

4. La quarantena ha fermato festival, incontri letterari,fiere, queste performance sono determinanti per avvicinare i suoi lettori oppure saranno sostituite da video e messaggi social?

Fiere e festival non saranno sostitute dal virtuale. Certo, tutti abbiamo fatto di necessità virtù, ma i piedi gonfi alla fine di una giornata passata alla fiera del libro ragazzi, e la pizza alla sera con le amiche/ colleghe non si sostituiscono con un video, manco per idea.

5. Quando e perché ha deciso di scrivere per giovani lettori e c’è un libro che l’ha indirizzata verso questa scelta e che consiglierebbe a tutti?

Non ho scelto di scrivere per ragazzi, o per adulti, mi piace fare entrambe le cose; certo, alcune storie mi è piaciuto di più raccontarle immaginando di avere davanti un bambino. Al momento ho due storie, una per bambini (che sto finendo) e una, diciamo per adulti, in prossima pubblicazione. Ma la protagonista di questo secondo romanzo ha per protagonista una bambina, e parla di morte, come anche quello “per bambini”. È necessario ricominciare a parlare della morte, evento che abbiamo nascosto per tanto tempo sotto il tappeto. I miei libri del cuore sono tutti quelli di Rohl Dahl, e il meravigliosissimo Winnie the Pooh, di A.A. Milne. E Alice nel paese delle meraviglie, di Lewis Carroll. Per bambini? per adulti? Chissà.

Lucia Pulpo

Nota: Caterina Ferraresi nata a Bologna dove lavora come psicoterapeuta. Tra le sue opere: Au revoir mon ange, Lo gnomo della biblioteca, sedie rosse, Domani è un altro giorno, <gli adulti scordoni, Naso di cane, L’elogio del barista. Vincitrice del premio Tobinocon la raccolta di racconti Il lupo sottto il mantello scritti con Narco Mazzoli.

1 Comment on "Caterina Ferraresi e la libertà della letteratura"

    Almeno hanno riaperto le librerie e,con tutte le protezioni,possiamo tornare a scegliere i libri…io preferisco sempre la carta stampata…sono “old style”

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