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Marco Vetrugno e la militanza poetica

Marco Vetrugno e la militanza poetica

Iniziamo a leggere ma solo quando abbiamo letto tutto il testo scopriamo la verità che ci emanava e che stavano inconsapevolmente cercando. La voce determinata e coraggiosa di Marco Vetrugno ci svela i segreti del suo divenire poetico.

1. Cos’è per lei, la poesia, cosa mette nei versi che scrive e cosa cerca in quelli che legge?

La poesia è militanza alla vita, è apprendistato alla morte. La poesia è lotta, è il mio modo di stare al modo, è ricerca, studio, stile, contenuti, ritmo. La poesia è visione, realtà, straniamento, presenza, malattia, tensione. La poesia è mistero. Nei versi altrui ricerco un legame, una sensibilità comune, ricerco il colpo, un abbraccio, una storia, una possibilità, ricerco il coraggio, la verità.

2. Secondo lei, i poeti sono visionari rivoluzionari o cercano compromessi con la vita che scorre?

I poeti sono uomini, semplicemente. Uomini che sono costretti a seguire la propria natura senza scendere mai a compromessi con la vita e con il prossimo. Uomini e donne che probabilmente posseggono una sensibilità più sviluppata, una traiettoria e un mezzo, la scrittura, in grado di fermare i pensieri, le storie, gli attraversamenti e gli stati d’animo. Probabilmente i poeti, in vita non sono contemporanei a nessuno, ma allo stesso tempo quelli veri, posseggono la capacità di rimanere per sempre.

3. La poesia è uno dei generi libreschi meno venduti, secondo lei, cambierà questo stato di cose nel futuro prossimo?

La poesia è un genere di nicchia, venduto poco e male. In qualsiasi libreria italiana, il posto riservato alle raccolte poetiche, è sempre il solito scaffale obliato nell’angolo più oscuro del locale. Solo il teatro versa in condizioni peggiori. Mi chiede se le cose cambieranno? Probabilmente peggioreranno, ma io sono un pessimista, o forse sono solo un testimone dello sfacelo che da anni colpisce il settore.

4. La paura del contagio e la quarantena hanno fermato incontri con autore, fiere e laboratori, i poeti hanno bisogno d’abbracciare il pubblico oppure l’alternativa virtuale in video su social basta ad autori e pubblico?

L’alternativa virtuale credo sia solo una conseguenza dettata da un periodo di emergenza, una misura solo temporanea, perché autori e pubblico necessitano del contatto diretto. Personalmente ho sempre avvertito un tremendo disagio in queste occasioni, disagio che invece scompare nelle numerose corrispondenze e chiamate telefoniche. Riguardo i laboratori (di scrittura), credo siano una totale perdita di tempo, una truffa. L’unico modo per migliorare la propria scrittura è leggere, anche se credo fermamente che scrittori si nasca e non si diventi.

5. Come e quando ha iniziato a scrivere poesia e c’è un libro che ha fatto scattare in lei la scintilla e che consiglierebbe per questo a tutti?

Ho iniziato a scrivere da bambino, ma ho iniziato ad avere consapevolezza del mio percorso solo a ventisette anni, durante l’unico mio periodo di detenzione. Tre anni fra carcere e domiciliari in cui ho avuto il tempo e la lucidità per capire chi fossi davvero. Non é un caso che da allora abbia iniziato a pubblicare regolarmente raccolte di poesia e testi teatrali, studiando ogni giorno con tutta l’intensità possibile. Gli autori che mi hanno accompagnato in questo percorso sono innumerevoli, ma se devo fare qualche nome imprescindibile, allora non posso non citare Thomas Bernhard, Samuel Beckett e Carmelo Bene.

Lucia Pulpo

Nota: Marco Vetrugno (1983) è poeta e drammaturgo. Ha pubblicato quattro raccolte poetiche e due testi teatrali, l’ultimo dei quali, “Apologia di un perdente” per Elliot. Nel 2020 ha scritto insieme al poeta Domenico brancale, una drammaturgia poetica intitolata “Metromania Bacon/Artaud –per un teatro che non andrà mai in scena-

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