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Presentazione: Come nel ventre di una madre

Presentazione: Come nel ventre di una madre

Giovedì 9 Gennaio.Lucrezia Maggi presenterà il suo romanzo “Come nel ventre di una madre” presso la sede dell’Associazione Nazionale Finanzieri d’Italia (A.N.F.I. in via scoglio del tonno, 31). Dialogherà con lei Lucia Pulpo (autrice di questo blog), alle 17,30. L’ingresso è gratuito con preventiva iscrizione presso: lemuseproject@hotmail.it

Dal libro: Dago non attese un secondo di più e calmo e placido, aspirando avidamente il fumo della sua Marlboro, le rispose: «Io non credo. Io non so. Non è mio interesse, né la mia è una battaglia verso la com­prensione e la conoscenza. In nessun campo. Io vedo ed esisto, cerco attimi, piacere, sofferenze, gioie e dolori, tutto ciò che c’è di buono e di cattivo.

Basta che sia di portata inumana, che mi stravolga ogni volta. E questo per tutto il tempo che mi sarà concesso, nella mia esistenza, nel mio peregrinare. Fino a quando chiuderò gli occhi, senza sperare o credere che anche quello possa essere per sempre».

Lei non reagì e proseguì: «Credi nelle persone, credi in Dio. Cosa vuol dire quello che mi hai appena detto? Spiegami meglio, non ha senso».

Lui aveva finito la sigaretta, dovette accontentarsi di inspirare un po’ d’aria fittizia da quel luogo per poi riprendere: «Io credo in Dio. Anche se non so se si chiami davvero così. Credo che sopra la mia testa, un gradino sopra di me e anche su quella degli altri uomini, ci sia qual­cosa, qualcuno che ha progettato tutto questo. Io credo che nessuno di noi sia il termine ultimo. Credo anche che Dio non ci abbia fatto a sua immagine e somiglianza. Credo che ami giocare, credo che si diverta a lasciarci vagare come piccole formiche con le antenne bruciate. Lui… Lui ha fatto tutto troppo in fretta, per essere Dio, capisci? Ci ha dato la facoltà di scegliere, il libero arbitrio, ma non le conoscenze per poterlo applicare, sfruttare e vivere. Ci ha fatto a sua immagine e somiglianza, eppure in molti lo evitano. Altri lo ritengono magia e divertimento. Altri non ci credono. Altri lo odiano. Ci ha dato tutto, tanto, eppure, regolarmente ci toglie altrettanto. Ci ha dato il bene, e il male, e a me tanto basta. Non ci ha dato la conoscenza per capirci, per essere vera­mente liberi. Ti dicono che se continuerai ad avere fede, un giorno lo riabbraccerai e sarà l’ultima cosa di cui avrai bisogno perché dopo ci saranno solo pace e silenzio. Penso che non tutti gli uomini e le donne piacciano a Dio; io, ad esempio, non credo proprio di piacergli, non penso di essere Suo figlio. Non penso che potrei guardarlo e dirgli: ec­comi, Padre, sono qui. Non penso che potrei perdonarmi e perdonarlo per avermi reso libero di non essere libero. Penso però che, nonostante tutto, amerò sempre Dio, e continuerò a sperare che Lui, un giorno, possa ascoltare le mie preghiere, anche perché nessuna di queste ri­guarda me stesso. Non lo faccio mai per mio tornaconto. Non perderò mai la speranza, ma non avrò mai fiducia per più di un secondo. È viscerale: lui è Dio, io sono questo. Un cazzone pugliese qualunque, uno scribacchino da quattro soldi, un emerito niente, in definitiva. Per quanto riguarda le persone invece, ti dirò… ho grande fiducia nel genere umano. Tende alla grandezza per natura, ma si perde nelle cazzate. Gli uomini potrebbero brillare, ma s’infognano. Potrebbero essere e non sono. Io amo e odio il genere umano. Mi piacciono coloro che riescono a brillare, qualsiasi cosa questo comporti. Mi piace il loro casino interiore, mi piacciono i loro dubbi e le loro dannazioni. Mi piacciono molto anche le persone pure. Sono sempre stato un avido ladro di anime pure. Le persone pure non sono le persone perfette, sono le persone che vivono in maniera chiara e cristallina. Sono quelle persone che hanno casini e gioie, ma li affrontano a viso aperto, senza mezze misure, ti abbracciano con tutto quello che sono. Sono le per­sone che stanno in silenzio, ma agiscono. In sostanza, sono persone grandi, che lo sappiano o no. Possono sperare e arrivare alla grandez­za, alla felicità così come alla disperazione e al dolore. Per il resto, in cosa altro credo, io? In molto poco, onestamente. Credo in quello che so e che ho capito di me. Credo che la coerenza sia una gran cosa, che il dono della parola sia il più grande, e allo stesso tempo quello usato peggio dall’umanità. Credo nelle emozioni, nel dolore, nella dispera­zione, nell’esistere, credo nel bere e nello scrivere, nel vivere le perso­ne che m’interessano. Credo nel sesso e nel piacere. Credo nel tempo, considerandolo come un foglio bianco su cui scrivere la propria sto­ria ogni giorno. Credo negli errori, nelle scelte sbagliate. Credo nella nobiltà dell’uomo e nella sua cattiveria come risposta alla paura e al dispiacere. Credo nella vendetta, umana e innata, e credo che spinga sempre a eccellere, a tagliare i rami secchi e a ricordarti sempre chi sei, o chi non sei, ma sicuramente cosa e chi veramente vuoi o meno vicino a te. In linea di massima, non credo nell’amore, credo però nella passione come esperienza massima, sublime. Non credo nella deter­minazione, nella continuazione delle parole ai gesti. Sostanzialmente mia cara, non si tratta di credere o meno, sia come sia, una questione può sempre essere affrontata in svariati modi. Il punto è credere in tutto, ma nella percentuale giusta. Assapora tutto, affronta tutto, ma parti sempre da te stesso».

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