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Ezio Varallo e le impronte sulla sabbia

Ezio Varallo e le impronte sulla sabbia

Qualche anno fa, nel terreno prospiciente allo stabilimento balneare che frequento, vidi uno scheletro umano usurato dal tempo e lasciato nella fossa dove era stato rinvenuto. Mi dissero che probabilmente fosse stato un contadino seppellito lì, un bracciante il cui corpo non interessava a nessuno, una fossa anonima senza altri elementi che quelle ossa. Doveva essere vissuto secoli fa, infatti le ossa erano talmente consumate da sembrare più impronte del terreno che veri e propri corpi materiali. Riguardando le foto di quel ricordo mi è sembrato di sentire la voce dentro quelle ossa che gridava rauca: “Dacci un nome, qualcuno dovrebbe ricordarsi della nostra storia, che senso ha la vita se viene cancellata così totalmente dalla faccia della terra?”

La mia seduta spiritica è stata interrotta dalla telefonata di mio cugino, mi ha proposto di acchiappare un altro fantasma, uno che mi assomiglia maggiormente, per questo ne voglio parlare pur non avendolo “acchiappato”.

Cosimo, a Brescia, ha comprato un libretto di 36 pagine stampate a Senigallia nel 1909. Si tratta dei versi dal titolo “Suspiria” di Ezio Varallo, tarantino il cui nome è riportato nel monumento ai caduti della prima guerra mondiale esposto trionfalmente in piazza della Vittoria a Taranto. Chissà quante volte sono passata davanti a quel monumento senza chiedermi nulla sulle storie e le vite segnate con nome e cognome sul marmo.

Pensavo alla guerra, alle vicende del monumento voluto dalla cittadinanza, avrei preferito fosse esteticamente diverso, ma sugli uomini prima della guerra e della morte no, su quello non mi ero soffermata…

Ezio (Italo) Varallo deve essere stato un autore prolifico, nelle ultime pagine della raccolta sono riportate sia opere già pubblicate sia opere “di prossima uscita”: fra quelle pubblicate “Charitas” (versi), “Il quo vadis nella letteratura moderna” (conferenza letta nel teatro Lillo di Galatina), “Farfalle che cadono” (prose); in uscita “I delinquenti” (dramma in tre atti). Tutte ossa consumate dal tempo. Qualche traccia sono riuscita a trovarla nel catalogo nazionale delle biblioteche, OPAC: la monografia “Suspiria” è conservata nella biblioteca nazionale di Firenze, la raccolta di versi “Scintille d’anima” (pubblicata nel 1905 a Taranto) si trova presso la biblioteca comunale di Lecce, infine il testo di Ezio Varallo dal titolo “Ammore capriccioso” musicato da Domenico Fidi, fa parte della pubblicazione “Il mattino” reperibile presso la biblioteca di Campobasso perché vincitrice nel 1913 (classificata seconda) al Festival di Piedigrotta tarantina che si svolgeva presso il Politeama Alhambra a Taranto.

Questo è tutto quel che sono riuscita a scoprire, nessun riferimento nemmeno in “Mezzo secolo di poesia tarantina” che Piero Mandrillo pubblicò negli anni 1957 e 1958 sul Bollettino mensile della città di Taranto. Anche del teatro “Lillo” di Galatina non ci sono segni, però c’è la piazza di quel paese dedicata allo stesso musicista; del Festival “Piedigrotta tarantina” riporta notizia una pagina di Wikipedia mentre del Cinema-teatro Alhambra ne parla ancora qualcuno e ci sono foto del politeama e della sua demolizione, su amazon si vende perfino un contratto, la scritturazione di un artista presso il teatro tarantino… impronte di orme sulla sabbia della nostra realtà.

4 Comments on "Ezio Varallo e le impronte sulla sabbia"

    Lucia, la tua voglia di scrivere è qualcosa di stupendo.

    Questa volta sei riuscita a dare anima e voce al passato e a esseri umani che hanno lasciato tracce di tipo diverso della loro esistenza ma che oramai nessuno più considera.
    Hai parlato di Ezio Varallo il cui libretto in evidenza all’inizio recentemente mi è passato materialmente per le mani e del teatro Alhambra di cui tanto ho sentito parlare nel passato.

    Tutto ciò mi ha fatto un immenso piacere!

    Concordo sulla tua capacità di trasformare in armonia qualunque cosa di cui parli o commenti. Con questo permetti a noi lettori di estraniarci dalla realtà e “gustarci” un momento poetico. Grazie

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