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Point break / Deal breker

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Ehilà Gregorio, cosa succede in città? Ci sono due alternative: possiamo guardarci intorno e sorvolare oppure possiamo mettere i paraocchi e calpestare tutto quello che ci viene sotto gli zoccoli. Potremmo anche aderire al pensiero comune, se ci fosse un pensiero alla base, però questa ipotesi mi sembra troppo ipotetica per prenderla in considerazione, almeno non ora. La prima strada ha bisogno di essere illuminata da autori che si librano nell’aria, capaci di sollevarci con loro tipo Italo Calvino, o talmente appassionanti da immergerti immediatamente nel profumo delle loro parole magari poetiche. Quando però la leggerezza ti crea un vuoto d’aria dentro e risucchia le mie energie, allora gli autori sono altri, pochi fidati con cui fare a botte, prenderle e ridarle a sangue finché il mondo che mi circonda diventa un posto dove fermarsi a leccare le ferite.

La strada fidata è una scoperta di qualche anno più recente con i libri di Cosimo Argentina. Vedi Gregorio quando mi sono arrivati colpi in testa e dappertutto, sono rimasta come sotto shock, senza reagire più a nulla. Niente rabbia, niente gelosia, cupidigia di tenermi stretto il mio piccolo mondo antico… niente. Nemmeno voglia di mangiare un gelato e sporcarmi, anche il naso, col cioccolato sciolto cosi da portare a mamma vestiti da lavare facendo un dispetto a lei e all’ambiente anti-detersivo. (Ambiente ed ecologia sono importanti ma il piacere di fare dispetti è impagabile, solamente a parole).

A questo punto, il momento è giusto per rompere la crosta di Maya e far uscire la rabbia “ch’entro mi rugge”, e i ruggiti tenuti dentro si trasformano in morsi velenosi che prima paralizzano e poi uccidono.

Le storie di Argentina sono palestre di box e poi hanno dei finali… proprio quelli che non immaginavo magari ma che mi fanno chiudere il libro con soddisfazione, insieme al libro generalmente chiudo una questione personale, il momentaccio da cui stavo prendendo colpi senza minimamente reagire. Bacchetta magica? No, i problemi sono duri a morire ma bisogna giocarci e non dar loro troppa importanza perché io esisto, ho un corpo e una dignità, il resto sono drammi da teatro, tragedie da palcoscenico con pupazzi e burattini.

Il cavaliere inesistente, a lungo, è stato la proiezione dell’immagine che avevo di me. Giro barocco per intendere che la storia del cavaliere inesistente, riprende i romanzi cavallereschi con cui non c’entro niente ma l’immagine isolata certe volte sembrava essere il mio riflesso in un ipotetico specchio. Come se il mio corpo fosse l’armatura ed io fossi quella voce che anima l’armatura e che spoglia da essa, sarebbe niente. Si può sorvolare su un dettaglio cosi assurdo ma solo vivendo nella Manca di Don Chisciotte. Comunque il “Don” è sempre un grande, in fondo mi vedo bene con uno scolapasta in testa a guerreggiar coi fantasmi stesi sui fili con le mollette in groppa. Tirare pugni al vento non basta, più utile prendere a morsi la vita, protagonisti di un mondo a tinte forti che rimane inchiodato sul foglio con la rabbia che ha tirato fuori dalla nostra realtà.

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