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Il gioco duro (Terzo capitolo)

Il gioco duro (Terzo capitolo)

Gregorio quando il gioco si fa duro i duri entrano a giocare. I duri, noi gente seria… non rigida. La serietà è questione di fermezza e coerenza ma così finisce per essere una maschera troppo aderente che induce a una naturale rigidità, un naturale che finisce con l’essere eccessivo ed estremo. Per fare da contrappeso spesso mi vanto di essere lunatica. “Volutamente lunatica”.

Infatti, ho sbalzi d’umore incredibili come un “chiodo scaccia chiodo”, nemmeno questo va bene mi sfibra peggio di un pugno in testa alla “Piedone lo sbirro” ma ho letto che i ribelle cerca pace nella tempesta , anche se non sono ribelle sono sempre in una tempesta a cercare pace, dunque a mio modo sono ribelle e, forse, la mia lunaticità appartiene a questa ribellione che mi circonda.

La mia rigidità fisica temo sia proprio figlia della mia rigidità mentale. Troppa tendenza ad assolutizzare, il perenne ed eterno errore dell’estrema platonicità. L’utopia assoluta senza compromessi, infantile, vero? Infantile e innocente. Sì, sono sempre stata amante di Platone ma le categorie eterne mi fanno fissare il divenire in stereotipi che prendo troppo seriosamente creando di continuo drammi e tragedie per cui sto male e che finiscono per dileguarsi al primo vero soffio di vento. Cara Lucia guarda che hai superato (e di molto) l’età dell’adolescenza quando tutto ha un colore deciso e forte, linee nette e confini marchiati a vista. Infatti, adoro Kandinskij e Kate Harring: il primo per i suoi colori elementari ben riconoscibili e il secondo per le sue forme decise e pulite e un po’ ironiche nel contestare il mondo e le sue decisioni. Contestare, bel problema anche questo. Sì, Gregorio non è un dispetto al mondo, il signor No, che è in me, esce sempre fuori più rapidamente del mio controllo vigile e mi piace far la linguaccia al primo passante che incrocio sebbene spesso sia il mio riflesso sui vetri parcheggiati lungo la strada, e così il dispetto lo faccio a me con indurimento facciale che costa almeno una ruga in più. Meglio un sorriso, dovrò ben ricordarlo, un sorriso a trentadue denti e si vola! A parlare da soli si diventa schizofrenici, Gregorio dovresti intervenire e zittirmi, però non è nel tuo stile, tu ascolti quasi indifferente, cerchi la soluzione al problema di adesso tu stelle fisse non ne hai perché fisso non vuoi stare.

Le stelle sono fisse per orientare i naviganti in mare non per buttarli in tempeste fra urla nervose e ormoni impazziti. No, la tendenza ad assolutizzare ogni fenomeno quotidiano la devo proprio cancellare dalle possibili tendenze da indossare. Meno morale e più scienza. Possibilmente “Gaia Scienza”(dall’opera di Nietzsche: “Basta, finiscila con questa musica nera come i corvi. Non è chiaro mattino intorno a noi? E verdi, morbidi valli e prati, il regno della danza?Ci fu mai un’ora migliore per essere lieti? Chi ci canterà una canzone, una canzone mattutina così assolata, così lieve, così aerea, che non impaura i grilli – che i grilli anzi invita a ballare a cantare insieme?).Lucia ascolta: ricerca l’equilibrio. Te la cavi, goccia dopo goccia riempi il mare che ti solleva, ti accarezza, e dai che il gioco è eterno solo finché dura. Il tempo mette ansia sia che scorra veloce sia che rimanga immobile in un eterno fissato con i chiodi al muro ostile che ci separa dalla felicità. “Se non puoi combatterlo fattelo amico”, Lucia balla, ingloba il tempo e riducilo al ritmo del tuo cuore, balliamo insieme sul mondo come i pazzi di una tribù indigena a piedi scalzi. Invece anche tu come Gregorio fai parte della società liquida di Bauman, non è una “costatazione” che mi piaccia ma un po’ di liquidità mi servirebbe. Mettiamola così: il lato scuro delle cose dà loro spessore figurativo. Sì, ok, ma sto tornando a volare lontano, invece di affrontare i miei assoluti che mi schiacciano costringendo il mio corpo a una rigida staticità. Ciccina ti devi muovere. Non sfumare in nubi tossiche per la tua coscienza. Quando non riesci a muoverti calmati e non demoralizzarti. Da quando è così, perché oggi è diverso da ieri? Cosa si può fare per recuperare? Gregorio te lo chiede sempre. Se oggi è così non è detto lo sarà domani. Tu fai il tuo per migliorare. La palla che rotola viene rallentata e fermata dall’attrito anche se non lo vediamo. Tante volte ti è capitato di trovarti sull’orlo del burrone con davanti solo la possibilità di cadere e sfracellarti eppure hai trovato sempre un colpo di vento cui aggrapparti e metterti in salvo. Tu, il destino, un dottore, un angelo, una specie di miracolo. Mai assolutizzare la situazione. Quello assoluto è il silenzio della morte. La situazione va studiata, va capita, devi riuscire a farle la linguaccia… corvo rosso non avrai il mio scalpo! Anche se detta come nella tua mail alla notizia del secondo tumore: “Pidocchio (parassita) non avrai il mio scalpo!” Una mail mandata ad altri per farmi coraggio. Magari era eccessiva ma avevo bisogno di caricarmi, un buffo pensiero positivo da urlare contro il destino per sfracellarlo. Davvero quello è andato in frantumi, quel destino, quella volta è svaporato, si è crepato subito ne ho sentito il crepitio appena inviata la mail. Chissà, magari il destino si ribella al mio posto come, certe volte, fa il mio corpo che si muove meglio di quanto possa pensare.

Platone mio, ti racconto un sogno che ho fatto realmente e riguarda le nostre idee: Ero scesa in uno scantinato buio ma filtrava luce dal sotto di una porta chiusa. Aperta la porta (non so come) entrai in una stanza illuminata da neon azzurrini e mantenuta fresca al punto piacevole. C’erano statue bellissime in marmo su piedistallo. Belle, armoniche, statue greche classiche (lo sapevo), ho iniziato a buttarne giù una che è caduta su un’altra in un effetto domino che mi ha indicato la via d’uscita nascosta dietro una porticina da cui si accedeva al fondo di un pozzo. Risalito quello uscii a “riveder le stelle”. Le mie idee sono principi non statue, principi a cavallo di un delfino come il Taras su monete di cioccolata.

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