Neruda e le impronte dell’olio sulle onde del mare
Nel 1959, Pablo Neruda pubblica la raccolte di poesie:”Navigazioni e ritorni”. Leggendola mi sono soffermata su “Ode alle acque del porto” perché mi ha riportato immagini di tanti porti visti e tutti con lo stesso “profumo” di acqua marcia. Tanto che mi sono chiesta ma in tutti questi anni nessun altro ha intuito che stavamo sporcando il mare e che questo avrebbe avuto conseguenze gravissime?
Improvvisamente sono tutti ecologisti e, in chiacchiere banali del tipo “come stai, cosa stai facendo in questo periodo” s’infiltrano parole moraleggianti che pretendono di pontificare sulla salute dei pani e dei pesci. Vi siete svegliati questa mattina? Signori le cose sono degenerate fino a questo punto perché sono anni che vanno male. Li vedi questi bei pensanti con aria superiore pronti a volermi convincere che sono la rovina del mondo perché non ripeto a memoria la loro filastrocca. Il problema c’è e ha le dimensioni di una catastrofe e sarei contenta se vi foste svegliati dal letargo dei mostri, temo però nella ennesima filastrocca da dimenticare passata l’estate e arrivato un nuovo motivetto per l’inverno. Per questo vi propongo l’ode di Neruda, non filastrocche ma poesia da sentirsi addosso.
ODE ALLE ACQUE DEL PORTO
Non altro galleggia nei porti
se non rottami di casse,
cappelli abbandonati
e frutta deceduta.
Dall’alto
i grandi uccelli neri
stanno a guardare, immobili.
Il mare si è rassegnato
all’immondizia,
le impronte digitali dell’olio
si sono stampate sull’acqua
come
se qualcuno avesse camminato
sulle onde
con piedi oleosi,
la schiuma
ignora la sua origine:
non più zuppa di dea
né sapone di Afrodite,
ma la sponda in gramaglie
di un osteria
con galleggianti, oscuri
cavoli sgominati.
Gli alti uccelli neri
con le ali sottili
come pugnali
aspettano
lassù
lenti, ormai senza volo,
conflitti
in una nube,
indipendenti
e segreti
come
liturgiche forbici,
e il mare che ha scordato la marina,
lo spazio dell’acqua
che disertò
e divenne
porto,
è esaminato con solennità
da un freddo comitato
di ali nere
che vola senza volare,
conflitto nel cielo
blindato, indifferente,
mentre l’acqua sporca dondola
il vile lascito delle navi.
1 Comment on "Neruda e le impronte dell’olio sulle onde del mare"
Bella considerazione. Grazie Lucia