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Il capolavoro

Il capolavoro


La Noia, annoiata a morte di essere morta, si era annoiata di stare ferma. Disgustata che al suo funerale c’erano soltanto persone noiose, decise di liberarsi della lastra di pietra che gravava sul suo corpo, alzò la mano e spinse. La lastra urlò di lasciarla in pace ma la Noia spinse più forte e la lastra ruzzolò giù per il pendio che portava alla sala mortuaria. La Noia uscì dalla tomba, si stiracchiò, si guardò intorno ma non vide che fiori cupi e tristi. Decise di dipingere un quadro, era un’artista nata ma il destino le aveva concesso solo giorni e giorni monotoni e scialbi. Accanto alla sua tomba, per terra, fra molte ossa sparpagliate perdute dai proprietari distratti, trovò un grande rotolo di tela caprina smarrito da nostalgici venditori di roba usata, che le avrebbe fatto comodo per il suo progetto artistico. Raccattò anche delle asticelle di legno, e da provetta falegname compose una grande tela dove avrebbe dipinto il suo capolavoro. Si avviò per una strada sconnessa si lavava con l’acqua che sorgeva da una polla abbandonata.

Le occorrevano pennelli e colori per attuare il suo disegno. Suonò alla porta del supermercato lì vicino, accolta sorridente da un buon venditore. Scavalcò la soglia ingombra da contenitori di cibi scaduti ed entrò nel vasto e illuminato mercato. Comprò subito una bambola abbigliata con una mantella colorata lavorata ai ferri che tanto le piacque, poi acquistò tubetti di dentifricio bianco, di salsa di pomodoro, di senape gialla e varie creme colorate per la pulizia delle scarpe, ed altro ancorache avrebbe utilizzato come duraturi colori. Rubò un mazzo di pennelli di setola finta e una gomma per cancellare e, felice, tornò fra le tombe per eseguire il suo grande quadro che doveva essere unico e irripetibile.
Un gruppo di defunti in vacanza si fermò ad ammirare la Noia che lavorava al suo quadro, rimanendo estatici in contemplazione e, quando la Noia sfondò con un gran pugno la tela appena iniziata urlando No! Voi non dovete guardare il mio capolavoro! Siete troppo retrò!, fuggirono spaventati. Nostalgici dell’arte classica, tornarono a rifugiarsi nelle loro celle mortuarie cantando cori esaltanti i veri artisti, per poi riaddormentarsi a mani incrociate per meritato riposo. E il grottesco tutto osservava.
Tratto da ”Silvio ed altri”, scritto da Miriam Pierri.
Questo racconto vivace, imprevedibile e ricco di fantasia, è poco più di una pagina all’interno di “Silvio ed altri”, una storia breve e spumeggiante che colora il cielo che le passa sopra con lo sguardo. In tempi grigi, monotoni e piatti come quelli che stiamo vivendo questo scritto è una fresca ventata profumata di aria ossigenata. Il libretto mi è stato regalato dal fratello di Miriam Pierri (l’autrice) che mi ha piacevolmente sorpreso con una breve nota sul testo e l’autrice confermando tutte le belle sensazioni che l’artista è brillantemente riuscita a provocare in me.
“Carissima Lucia, ti ringrazio molto dell’entusiasmo della tua lettura dello “Scherzo”. Perché “Scherzo”?, mi chiedi. Come ti ho accennato, mia sorella, che allegramente e vivacemente va avanti nei suoi numerosi anni (92) senza mai lasciare il letto e senza mai lasciare di scrivere – anzi ora forse più attiva che nel passato – nello scrivere 
Silvio e altri
  si è abbandonata ad una fresca libertà di fantasia, quasi abbia scherzato con se stessa nel voler scrivere un pezzo allegro, strutturalmente semplice, che narrasse a lei stessa che la vita è dinamica pur nella fissità del corpo. Ed effettivamente pensava fosse strana quella sua fantasia, quasi un gioco rilassante della mente, una cosa personale, intima, da tenere per sé sola. Ma è stata contentissima di vedere il suo racconto trai piccoli quaderni de 
Gli Amici
, perché straordinario, altro che innocente gioco della mente! Quel terremoto che sconvolge la casa e dà vita agli oggetti inanimati con la vecchia casa spazzata via e l’uomo, dimentico degli impedimenti del corpo, che intraprende un viaggio irto d’ostacoli verso il proprio futuro, forse un ritorno alla sua origine primitiva. Ma, se vogliamo, quell’uomo non è il personaggio principale del racconto. Lo è invece il gatto che lo accompagna, e che dà il titolo al racconto, col suo silenzioso carattere sornione, indifferente alle difficoltà della vita. Le trascura beatamente, senza curarsene, intento a trastullarsi quando gli pare e sparpaglia nel buio i riflessi della luna nelle pozzanghere. E’ lui che sa come vivere e che cammina davanti all’uomo Ulisse nel ritorno a casa.”
Miriam Pierri, dal 1986, ha pubblicato circa ventidue raccolte di poesie fra cui :
Chernobyl, Orecchio di corallo, la generazione elettronica,L’Oltre, Anumana. Inoltre il romanzo psicoanalitico “Ricordo primo (Genesis editrice), e in seguito “Il diario di Ada”, “La parola e l’ascolto” e la raccolta di liriche e corrispondenze epistolari Lettere a Miriam”,il testo teatrale “La casa dove nacqui”, “Dieci parabole per autore”, “Il monastero delle 13 celle”.
Ha ricevuto anche premi e riconoscimenti vari per la pittura. Insomma un mondo si spalanca vivace ed esuberante dietro il vetro di una finestra accecante per il riflesso di un raggio solare al tramonto.

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