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La società low cost di Stefano Cristante. Intervista

La società low cost di Stefano Cristante. Intervista


Sempre più spesso le nostre idee sulla realtà ci sembrano confuse e non adeguate per spiegarci cosa stia avvenendo intorno a noi. Per rimettere a fuoco “la situazione” è utile la lettura del nuovo libro del prof. Stefano Cristante intitolato :”La società low cost. 2011-2017 Gli anni del grande scombussolamento.” Un libro chiaro, pubblicato da Mimesis, ma nato dalle riflessioni che il professore di sociologia (presso l’Università del Salento) ha scritto nella sua rubrica sul “Nuovo Quotidiano di Puglia” e di queste mantengono la forma giornalistica senza l’uso di citazioni e note. Ho chiesto a Stefano Cristante:

d. Cosa s’intende per società “Low cost”, una società che ha perso qualità, che non ha più aspirazioni, che dallo stato liquido di Bauman è passata allo stato aereo del vapore?
r. In generale, il basso costo è una metafora che nasce con i trasporti. Cosa si ottiene con gli spostamenti low cost? Si paga meno in cambio di un servizio meno accurato rispetto alla tradizione. E una parte del lavoro (prenotazioni, compilazioni, check in) viene svolta direttamente dall’utente. Per quanto riguarda la filosofia generale sottesa a queste pratiche, il low cost ha debordato nel mondo del lavoro dal punto di vista dell’offerta. Aziende leader adottano forme occupazionali low cost, e ciò significa pagare poco il lavoratore e insistere nella confusione tra flessibilità e precarietà, a tutto vantaggio della seconda. Per non parlare dei social network, che – in cambio della gratuità d’accesso – scaricano sull’utente tutta l’attività di contenuto del flusso digitale. In definitiva, il low cost mi appare una rappresentazione sociale che va in questa direzione: pochissimi hanno tutto, moltissimi hanno poco, molti non hanno nulla. Il low cost fa tutt’uno con l’esplosione delle disuguaglianze.


d. Anni scombussolati. Chi agita il bussolo e come ha rotto o manomesso la bussola?
r. Il bussolo lo agita una fibrillazione economico-sociale che si chiama crisi. La crisi, al di là della cronologia della Grande Crisi del 2008, sembra ormai un dato strutturale delle nostre società. C’è chi ha giocato con la crisi, e chi gioca con la scommessa di un mondo de-ideologizzato e dove il motto thatcheriano (“Non esiste la società, esistono solo gli individui”) imbroglia con le continue e insospettitissime sollecitazioni meritocratiche. Il capitalismo persegue una ristrutturazione sempre più inegualitaria. Chi ha creduto che i valori neo-liberali fossero permeabili dalle ideologie progressiste ha contribuito in gran parte a smarrire la bussola.

d. Dalla flessibilità siamo sprofondati nella precarietà. Secondo lei, perché o su cosa siamo scivolati e come possiamo o dobbiamo venirne fuori?
r. La precarietà è il mondo low cost. Uscirne sarà arduo, anche perché chi ha motivo di lottare per una diversa qualità della vita è impegnato a sopravvivere. Occorre ripensare questo mondo nel mentre ne viviamo le sue contraddizioni, e non è facile.

d. Secondo Luciano Canfora l’Europa deve governare i flussi migratori prima che questi si scatenino in violenza rivoluzionaria che scombussolerebbe ulteriormente la nostra storia. Ma gli immigrati sono avvertiti come ladri di lavoro e mano d’opera a buon mercato che abbassa il valore del lavoro di tutti. Professore, secondo lei, qual’è il rapporto tra immigrazione e società low cost?
r. È un altro inganno. L’immigrazione è un tema epocale, perché milioni di persone non riescono più a vivere nel loro luogo d’origine. Ma vi è una torsione ideologica che presenta il fenomeno come calamità generale, e partiti della nuova destra (per convenzione: diciamo populista…) battono incessantemente sulla pericolosità fisica di ogni emigrato, di ogni profugo. Bastano le immagini di poche decine di loro per intensificare l’insicurezza percepita.

d. Lei scrive sul “Nuovo quotidiano di Puglia” ed ha diverse esperienze da giornalista. Il potere politico da Trump a Di Maio, se la prende con i giornalisti … ma se i giornali cartacei vengono letti sempre meno e sulle news on-line pesa spesso l’ombra delle fake-news, perché tanta ostilità verso chi racconta i fatti?
r. I media hanno le proprie responsabilità, perché hanno fiancheggiato paurosamente il mercato globale e hanno cercato di costruire un nemico neo-populista senza distinzioni di sorta. Tutti i decisori, oggi, sono neo-populisti, anche quelli che sembrano legati ai vecchi corpi intermedi, che piacciono ai media della tradizione. E come tali si comportano con i media: se questi li attaccano,
ne chiedono la chiusura.

d. Nella società low cost anche lo spettacolo veicola valori bassi, la ripresa o addirittura la riscossa,
dovrebbe ripartire da quelli che un tempo erano gli intellettuali guida?
r. Gli intellettuali oggi dovrebbero insistere sulla necessità di riaprire l’argomento “specie”. Cioè Homo sapiens. Abbiamo fatto enormi passi in avanti su un insieme di cose fondamentali, ma la fame e la sete non sono ancora debellate, e continuiamo a inquinare come se avessimo davanti una perenne impunità temporale. Siamo arrivati a un dominio della tecnica che sembra sganciato non solo dalla tradizione (e questo potrebbe anche essere un bene, visti i guasti di un umanesimo solo centrato sulla nostra specie) ma anche dalla scienza. La scienza utile è tecnologia o non è niente di interessante, sembra dirci lo spirito del tempo. Ma, se nei laboratori più nascosti si stanno accelerando le pratiche per un tipo umano (mutante?) nel frattempo il pianeta si desertifica e il clima impazzisce. Questo dovrebbe essere il nostro nuovo punto di partenza. E non è certo low cost.

Lucia Pulpo

2 Comments on "La società low cost di Stefano Cristante. Intervista"

    Bellissima intervista. Andrebbe letta da tutti per capire il grande inganno a cui siamo sottoposti ormai da un decennio….. Poi ti suggerirò un altro libro che partendo dal software libero arriva ad analizzare questioni simili

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