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Storia balneare

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Dopo essersi vantato con gli amici di non andare al mare nei giorni di affollamento, Luca va al mare la domenica prima di Ferragosto. Le spiagge libere sono tutte troppo affollate per riuscire ad entrare e piantare un ombrellino; allora Luca si dirige verso il litorale scoglioso: ma dopo mezz’ora decide di tornare in macchina perché sugli scogli non riesce a trovare una crepa dove infilare l’ombrellone e sugli scogli a pel d’acqua è cresciuta una erbetta scivolosa che non permette tuffi agili e sotto ci sono scogli pieni di ricci rossi e neri che pungono pur avendo i colori della sua squadra calcistica.
“L’anno scorso questa cosa marroncina non c’era, e poi dicono che ci sono meno pesci, per forza guarda che gli vogliono far mangiare. Magari fa venire pure il prurito, no proviamo qualche stabilimento a ingresso accettabile”

Gli stabilimenti a ingresso giornaliero ce ne sono tanti e tutti con biglietto a prezzo basso e fisso da qualche anno, sono gli accessori ad essere esosi: ombrellone, sdraio o lettino. Luca è fermamente deciso a godersi una giornata di mare ed entra spavaldo indossando occhiali da sole con lenti a specchio per riflettere gli sguardi estranei lontano dai suoi occhi. Le prime file sono tutte occupate, poco male per arrivare all’acqua basterà imboccare la pedana e poi dritti evitando le buche dei bambini, le pallonate degli adolescenti, le signore sedute sul bagnasciuga e i palestrati che camminano con l’acqua alle caviglie per mostrare muscoli e tatuaggi. Dopo aver spalmato un po di protezione solare su naso e spalle, Luca s’avvia a passo spedito pregustandosi un bagno refrigerante.
“Il mare è caldo. E nemmeno limpido perché con le ferie circolano troppe barche, troppi motori, troppa gente che inquina, meglio venire a bagnarsi a Luglio o settembre.” Così dice qualcuno proprio mentre Luca infila il piede nel liquido agoniato. “Scusi dice a me?” chiede seccato ma ora vicino a lui c’è una signora con capelli corti e aridi e un costume che non riesce a contenere una pancia piegata su sé stessa. La signora lo guarda infastidita dalla voce sconosciuta e fortemente accentata. Luca alza la mano quasi chiedendo scusa e finalmente s’immerge dimenticando di avere ancora gli occhiali indosso. Perderli è più immediato che accorgersi di averli persi, così, il nostro amico, arrivato alla corda dopo una nuotatina con slalom incorporato, si tocca la fronte e pensa “pazienza, ormai è andata ma il peggio è passato.” Punta la riva e ritorna con più disinvoltura.
Il sole ora è alto e picchia perpendicolarmente sulla pedana, felice di trovare la strada libera, Luca sale saltellando sul percorso lastricato e ci lascia la pelle dei plantari dei suoi piedini delicati abituati a calzini e solette refrigeranti.
Tornato a casa, Luca si butta sul letto con la sensazione di aver preso un’insolazione mentre era in fila per riconsegnare l’inutile sdraio… Nella stanza buia e rinfrescata dal condizionatore, squilla il telefono: “Luca, amore, andiamo al mare nel pomeriggio?”

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