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Cosimo Argentina e la sua Taranto noir

Cosimo Argentina e la sua Taranto noir


Cosimo Argentina, queste domande arrivano a distanza di anni dall’uscita di alcuni tuoi libri come: “Maschio adulto solitario”, “Vicolo dell’acciaio”, “Per sempre carnivori”, “L’umano sistema fognario”, “Le tre resurrezioni di Sisifo re”. Ma a distanza di tempo le storie si vedono in prospettiva e poi i libri veri non hanno data di scadenza. Storie ambientate a Taranto, una città noir, brutta sporca e cattiva?
R) Ambientazione necessaria. I libri necessari hanno una loro ambientazione e non se ne può fare a meno. Quella è e quella rimane e a cambiare scenario si rischierebbe di falsare tutto e scrivere una cosa diversa, non migliore né peggiore, ma diversa sì.

Da queste storie si ricostruisce la biografia di Argentina, come un escamotage per raccontarti, oppure i tanti dettagli biografici servono soltanto per dare fondamento e credibilità alla fantasia?
R) No, niente escamotage, ma quando si scrive si va a parare sempre da qualche parte, anche in modo inconsapevole e questo comporta mettersi in gioco. Mettersi in gioco a sua volta vuol dire mostrare le proprie stimmate e le cicatrici. Mostrare le proprie cicatrici vuol dire essere onesto con il lettore, evitare di prenderlo per il culo. Deve sapere, il lettore, che da me avrà uno, due e tre, non sette ottavi o nove decimi. Avrà tutto, nel bene e nel male. Il resto viene da sé.

I protagonisti di questi libri hanno qualcosa in comune: alcuni la follia, altri uccidono la madre o partono dalla morte della stessa, le donne non hanno voce in capitolo e la fine del libro risponde sempre a giustizia (umana o meno). Questi sono caratteristiche consce o non riconosci nelle tue opere dei punti fissi di riferimento?
R) I romanzi che hai preso in esame appartengono a uno stesso periodo anche se sono stati pubblicati in momenti diversi. Evidentemente a quell’epoca mi interessava quel lato della vita. E mi interessa ancora. L’uomo con tutte le sue displasie e tutte le incongruenze, patologie e nevrosi. I finali sono basati sulla coerenza e non sullo zuccherino al lettore. Le donne in queste storie sono sublimate dalla morte. La morte spesso porta il peggior mascalzone sull’Olimpo. Io devo molto alle donne della mia vita, ma nelle mie storie non sempre viene capita la mia adorazione per il versante femminile.

La tua spiccata sensibilità per i “fottuti” e gli “indifesi” contrasta quasi con storie dure al limite della dannazione… da dove nascono queste storie?
R) Ma forse in realtà non contrasta. I fottuti hanno una vita fottuta. I dannati viaggiano in terza classe e vengono mutilati e subiscono l’amarezza della vita, ma sono anche più profondi e sensibili e hanno da dire quello che una sciura brianzola col marito ricco sfondato e lei che ha come sola preoccupazione impegnare le serate non ha.
Qual è il libro altrui in cui ti sei riconosciuto maggiormente e quelle avresti voluto scrivere tu?
R) Mi sono ritrovato in Una banda di idioti di John Kennedy Toole e avrei voluto scrivere Meridiano di sangue di Cormac McCarthy.
Lucia Pulpo

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