EU Cookie Law

Il segno delle idee

Il mio spazio creativo

“Salviamo le biblioteche”. La voce di Gabriella Genisi

“Salviamo le biblioteche”. La voce di Gabriella Genisi

bibl-genisi110 Da tempo in Puglia scorre un fiume “Noir” che accompagna i lettori per le strade segrete che portano al cuore pulsante della vita. Su questo fiume naviga un battello carico di libri e di storie al cui timone c’è una donna… la donna in noir, Gabriella Genisi.
Autrice di diversi libri da “Come quando fuori piove” a “Spaghetti all’assassina”, e “Uva noir. La commissaria Lolì tra passione e delitto”, una voce gentile e passionaria a difesa delle biblioteche e della cultura da esse irradiata.

Oltre alla violenza del terrorismo islamico, spaventa la non considerazione delle donne. Il rispetto delle donne è un’apertura mentale derivata anche dalla nostra cultura sedimentata nella nostra tradizione democratica e custodita nelle nostre biblioteche… lasciarle chiudere significa, secondo lei, andare verso un mondo più maschilista?
La conquista del sapere, della scolarizzazione, ma anche solo del poter leggere è stato per le donne un percorso durissimo, pagato talvolta con la vita. Con il percorso di integrazione culturale e sociale che è in atto, chiudere le biblioteche significa anche bloccare questo processo, impedendo a questi importanti presidi culturali di svolgere un importante ruolo di cerniera tra le varie culture, fornendo gratuitamente l’accesso ai libri, fondamentali allo sviluppo civile di una società. E significa anche impedire alle donne di altre culture o religioni di avere accesso a discipline probabilmente a loro interdette, bloccando così il cammino dell’emancipazione femminile. +

Le biblioteche sono un valido presidio contro la cultura dell’illegalità oppure sono lo scrigno di belle teorie avulse dalla pratica quotidiana? Come è più idoneo considerarle?
Le biblioteche possono essere tante cose, ma anch’esse devono essere ripensate seguendo un processo di modernità altrimenti resteranno soltanto musei di libri antichi e contenitori di belle dottrine del passato ormai superate ma che meritano assolutamente di essere conservate perché è lì che è scritta la nostra storia culturale, civile e morale. Possono e devono essere invece fortini culturali di conoscenza e legalità soprattutto per le nuove generazioni e intessendo il più possibile scambi proficui con il territorio.

Roland Barthes parla di cerimonia della scrittura nei posti e luoghi adatti. C’è anche una cerimonia della lettura e le biblioteche dovrebbero inseguire l’obiettivo di luogo confortevole per lettori o anche punto d’incontro per discussioni a partire dalla lettura?
Nell’immaginario collettivo, la biblioteca è solitudine, silenzio. Un lettore davanti a un testo si trova davanti all’infinito. Si è soli, ma in compagnia di migliaia di libri e di parole. Ma è anche vero, sempre citando Barthes, che siamo giunti al grado zero. Urge una nuova coscienza collettiva culturale e sociale, e allora perché non utilizzare proprio le biblioteche come aggregatori di società e strumenti di intercultura, soprattutto tra i giovani. La lettura dei classici, per esempio, ritenuta ormai desueta, è invece fondamentale per il passaggio di testimone tra una generazione e l’altra. Potrebbe essere impostata attraverso letture collettive seguite da discussioni e da parallelismi con il mondo contemporaneo.
La forza delle parole cambia il mondo. Dunque le biblioteche custodiscono una forza rivoluzionaria… ma il governo del cambiamento non presta attenzione alla loro “voce” e molte hanno chiuso o viaggiano a standard ridotto. C’è ancora l’eco di “con la cultura non si mangia”?
Il governo del cambiamento temo presti più interesse al potere delle banche che a quello della cultura. Renzi ha promesso che per ogni euro speso in sicurezza, verrà speso un euro per la cultura. Per ora ho visto opere d’arte velate per compiacere uno straniero in visita ufficiale, negando e calpestando la nostra identità storica e culturale.
Parlando di biblioteca, a Gabriella Genisi riaffiora qualche ricordo particolare?
Uno in particolare, che ha un sapore dolceamaro. Perché da bambina avevo in casa almeno una decina di enciclopedie e testi di ogni genere, anche antichi, e secondo la logica dei miei genitori non avevo necessità di andare in biblioteca a fare le ricerche come le altre compagne di classe. Ma quello che per alcuni era considerata un vantaggio per me era un limite, e non vedevo l’ora di diventare grande per poterci andare anch’io.

Lucia Pulpo
Publicato il 9/2/2016 su affaritaliani

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


*

CAPTCHA: Completa l\'operazione sottostante *