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La tosse della Luna – Capitolo nove

La tosse della Luna – Capitolo nove

imm. luna I preparativi della festa spesso sono più importanti dell’evento in sé.
Tramezzini ripieni di aspettative, con contorno d’imprevisti ed errori altrimenti imperdonabili.
La festa è la celebrazione della riuscita, insomma è il compimento e la fine della gara… non ha futuro se non consumare completamente l’energia in campo; come la torta a fine party è l’apice della serata e la fine della baldoria.
I due ragazzi rimasti soli e al sicuro, in cabina, improvvisamente sono colti da un disagio, non è timidezza ma, il gioco sembra essere finito. Sono arrivati alla meta, hanno battuto tutti e, finalmente, sono clandestini in patria. Hanno avuto l’audacia di tentare e la forza di riuscire. Si sono sottratti al controllo e alle convenzioni della morale pubblica.

Ippolita trattiene il respiro, poi salta con un doppio singhiozzo misto a pianto, un sussulto forse causato da freddo, paura e fame.
“Tranquilla, non mordo e non ti mangio. Metti il molecolare al collo per stare più serena… e diamo a Linus la sua coperta.”.
“Scusami, non mi aspettavo tanta umidità. I vestiti che ho non basteranno a scaldarmi, non ho pantaloni lun¬ghi e dovrò andare in bagno. Saranno chiusi, a questo non abbiamo pen¬sato”.
Respiro.
“No, stai qui con me. Ho fatto tutto questo per stare in compagnia e rompere lo schermo che irretisce il mio respiro. Tu non man¬gi?”
“Per non provocare ire e sospetti ho preso alimenti per una sola persona. Mangia tu, io so già che gusto han¬no. Prima ti accompagno alla toilette per incipriarti il naso?”.
“Il restauro dopo. Dividiamo, non ho molta fame e come si dice: chi non mangia in compa-gnia è un ladro o una spia. Vuoi far ricadere tutte le colpe su di me? Mangia viso pallido, non avrai il mio scalpo”.
“Staresti bene anche con la testa rasata. Il mio Raggio di Sole coperto di nuvole che sorride ma non vuole farsi vedere”.
“Cos’è stato questo rumoraccio? Hai sentito come un brontolio cupo e prolungato… sono i pescatori di frodo?”.
“No, credo sia lo stabilimento siderurgico. Di notte si dà più da fare e incrementa la fuo-riuscita di fumi dalle sue ciminiere. Oggi c’è la luce della Luna piena, forse riesci a vedere. Vieni, proviamo ad affacciarci, chiusi qui dentro manca l’aria”.
“Bella pensata, forse, sarebbe meglio non vedere e sperare di non vedere mai. Che fretta c’è, tanto finiremo tutti in mezzo a quei fumi.”.
“Sei convinta di non esserci già in mezzo? Hai bisogno di toccare le nubi tossiche per cre-derle vere? Non sia¬mo dall’altra parte del pianeta, non siamo esentati dal pagare la tassa sulla salute. In ogni caso non è romanti¬co questo panorama. Thanatos senza Eros, non è il momento di immolarci agli dei. Andiamo verso la pineta a guardar le stelle. Anzi guardale tu, io preferisco guardare te”.
“Mangiamo al chiaro di Luna? Mettiamo una coperta su un tavolo in pineta e facciamo le persone serie, che ne pensi?”.
“Ah, dunque i villeggianti che mangiano in pineta sono persone serie. Il top della serietà? E dimmi accendia¬mo anche la televisione e ci sintonizziamo sul Fratello maggiore?”.
“Ma che dici, a quest’ora non c’è nulla d’interessante da vedere in TV. Però dovrebbe esserci un meeting sulla Pizzicata nottambula”.
“Sua eccellenza, mi scusi, ho lasciato il telecomando con lo spumante sul traghetto… andiamo a prenderli? Magari passan¬do prendia¬mo i to¬vaglioli di seta con le iniziali ricamate sopra”
“Incamminati, ti seguo! Però non farmi camminare troppo, mi stanco facilmente e cambio programma e ca¬valiere”.
“Allora ti prendo in braccio, oh mia divina piuma. Devo fare attenzione o il vento ti porterà via. Soffia vento di scirocco umido ma insolitamente violento”.
“Mettimi giù coi piedi a terra, per favore. Al buio potresti inciampare e usarmi da materasso…non sono rimasta per que¬sto”.
“Dire che sei rimasta non è del tutto esatto. Ti sei imbarcata e sei andata via. Poi sei torna¬ta… non sei rimasta puntando i piedi e digrignando i denti. Hai bluffato come i bari di poker nelle bettole piene di fumo. Inoltre: cosa vuoi vedere al buio, preoccupati di non farti vedere tu… le stel¬le potrebbero diventare invidiose e caderti sulla testa per invidia”.
“E tu che ci stai facendo? Tocca a te ripararmi dalle stelle cadenti da body-gurd da sogno!”
“Stasera l’umidità penetra nelle ossa. Ho freddo anch’io. Il vento trema e prepara insidie, anche la Luna sembra infastidita e appannata, magari suda freddo e vorrebbe coprirsi”
La marea sale con la Luna piena. L’acqua è fatalmente attratta dal satellite naturale della Terra. Nel tentativo di sfiorare l’amata, Aiace propone a Ippolita di non fermarsi al tavolo ma di proseguire nella pineta fin sulla collinetta più alta, dove la vista può spaziare più agevolmente e il cielo sembra più vicino e confortevole, perfino complice di desideri arditi.
Con tutto questo sospirare è facile immaginare che gli sbuffi di smog pieni di polvere aromatica arrivino fino alla Luna provocandole una specie di solleti¬co, qualcosa come un prurito fastidioso. Osservando la Luna è facile vedere gli occhi, la bocca e il naso… al¬lora perché ostinarsi a pensare che essa sia un sasso impassibile? Se vapori maligni salgono fino a essa a of¬fuscarne la vista e il respiro allora anche la Luna rea¬gisce. Le basta tossire, un colpetto silenzioso come un ali¬to di vento. Giusto per allontana¬re da sé un po’ di sporcizia.
Tutto questo movimento agita ulte¬riormente le ac¬que del mare. Tutte le acque dolci o salate che siano, anche quelle in prossimità delle foci flu¬viali, anche quelle minerali nella bottiglia che Ippolita ha poggiato per terra.
“Aiace guarda quanto balla l’acqua della bottiglia. Forse c’è qualcuno che cammina vicino a noi e non ce ne siamo accorti”
“Cosa dici? Cos’è la sindrome del fuggiasco illecito? Nessuno ci spia o perseguita, nessu-no ci vuole fare del male. Però hai ragione, l’acqua nella bottiglietta è scossa da qualcosa. Stai qui tranquilla, faccio un giro per allontanare eventuali intrusi”
“Sì, sono più tranquilla se mi lasci sola, anzi cerca di stare lontano il più possibile così mi godo meglio la soli¬tudine. Sono qui apposta per provare il brivido della sventura”
Mentre la bella brontola, il ragazzo si allontana velocemente perché è davvero molto pre-occupato. Non esce dalla pineta, non serve uscire allo scoperto e andare fino sulla riva della spiaggia per vedere che non soltan¬to la marea cresce velocemente, ci sono le onde che iniziano a rumoreggiare. Non è il solito fenomeno perio¬dico. Il mare sembra arrabbiar-si, qualcuno ha infastidito la sua amata ed esso si ribella… vuole vendicare l’af¬fronto. Così succede nelle rivolte cittadine. Lo sgarro nei confronti di una donna o di una creatura inno-cente provoca lo sdegno dei disperati che trovano in se stessi la forza e l’ar¬ma con cui reagire, si raduna¬no, al¬zano la voce e vanno a prendere l’oltraggiatore per far¬gli pagare il conto.
Il vento cospira da sud e le onde lo seguono dirigendosi contro il tossificio del Drago. Lun-go l’avanzata acqua si mescola ad acqua e il mare si gonfia, si alza e irrompe nella tana del mostro artificiale.
In una manciata di minuti la porcheria è spazzata via prima che nes¬sun allarme abbia avuto l’ardire di suonare, prima che uomini e computer vari abbiano potuto registrare ed analizzare, il feno¬meno è già compiuto ed il mare galleggia per chilometri e chilometri.
Ammutolito Aiace corre da Ippolita e salgono insieme sul pino più robusto e più alto por-tando in spalla lo zaino con l’acqua da bere. Dalla cima dell’albero sulla collina la veduta è impressionante. I due si tengono stretti ma non se ne accorgono nemmeno.
Il mare sale anche a Peitrasanta, piuttosto silenzioso ma deciso ed inesorabile. Tutte le lampadine sono spente, fulminate dalla velocità e dall’urgenza del moto marino. Una rea-zione a catena che, con effetto domino, atter¬ra tutti i muri. Non c’è difesa che tenga, l’indu¬stria sprofonda, la città cede e crolla senza alzare nemmeno un ultimo lamento.
L’oscurità riempie il vuoto lasciato dal cemento. Quando la devastazione sembra completa e la strage sembra finita … si ode uno stranissimo boato.
“Aiace, guarda da questa parte, cos’è quell’ombra? Cosa sta uscendo dall’acqua? Ma in che incubo sono capi¬tata? Mai sentito di un videogioco in 3d col sesto senso morto.”
“Quella è Pan. L’isola sommersa. Adesso sì che iniziano i guai. Il grido di Pan annuncia la caduta dell’Olimpo greco. Non c’è un altro posto… dobbiamo stare qui e sperare ma non so nemmeno cosa dobbiamo sperare”
“Perché esce adesso… che significa? Che dobbiamo fare? Forse dovremmo scendere e cercare di arrivare alla scialuppa di salvataggio dei bagnini. Accidentaccio proprio oggi do-vevo rimanere qui, se fossi andata a casa non sarebbe successo niente, invece ora anche l’Olimpo mi punisce”
“La città è annegata, non vedi? Saresti morta nel sonno. Vuoi scendere a prendere il pe-dalò? Credi che baste¬ranno due pedalate per allontanarti abbastanza e credi che avresti il tempo di pedalare? Se esce Pan significa che sta per scatenarsi l’inferno, Falanto si è sve¬gliato!”
“E per forza si è svegliato guarda che subbuglio… ma chi è Falanto?”
“Un vulcano sottomarino. Io avevo il compito di monitorare Pan proprio per assicurarmi che Falanto conti¬nuasse e dormire beato e lasciasse tranquilli anche noi. Pensavo fosse andato definitivamente in letargo. Anzi iniziavo a pensare che non fosse mai esistito, non c’era traccia , nemmeno un puntino sui grafici dei rileva¬menti sismici”
“Anche questa. Non potranno venire a prenderci nemmeno con l’elicottero. OK, game over, quante vite ci re¬stano?”
“Stai impazzendo? Non è un videogioco. Vieni qua, Fai la buona. Ho paura anch’io ma non è il momento di lasciarti prendere dal panico, amico di Pan.”
“Ha invaso la città… distruggerà anche noi e l’isola. Guarda verso la punta dell’isola mi sembra ci sia un gorgogliare, chissà cosa suc¬cederà salirà qualche animale e ci di¬vorerà come antipasto?”
Il fermento segna una linea che s’inoltra fino al Drago. Attenta, sento l’albero sobbalzare, è scosso ma non vedo nulla sotto di noi”
“Calmati, solo io posso sclerare. Cosa può essere? La morte? Morire è come dormire basta risvegliarsi. Ti difen¬do io. Se tu cercassi di difendere me, te ne sarei grata… ti offrirò il caf¬fè, domani al bar”
L’albero non trema. Peitrasanta invece shakera le fondamenta per staccarsi definitivamente dal cordone ombelicale che la lega alla terraferma. Facile considerando che il tunnel pieno di gas sta collassando, provocando un effetto ebolli¬zione dell’acqua riscaldata da Falanto. Strana si¬tuazione, il vulcano si è svegliato ma non ha la forza di buttare fuori tutto il suo umore in¬candescente. La superficie marittima si arriccia e traballa ma non ci sono onde altissime e fu¬riose, il vento imperversa ma il suo sibilo non è nefasto e l’oscurità copre ogni imperfe¬zione. La Luna ha celato la bocca, che tossiva, con una manata di nuvole. Le stelle le sono andate vicino per rassicurarla, nulla di irreparabile sta avvenendo.
Incomprensibile, un disegno cancellato di cui son ancora riconoscibili i tratti, perfino i colori rimangono sospesi nell’aria e si dissipano piano con il profumo delle alghe salite dai fon¬dali o staccate dagli scogli.
L’orizzonte si allontana, le sagome della civiltà, divenute ombre di fantasmi, appaiono sempre più piccole ed insignificanti.
“Aiace, dove sono andati i palazzi e i camini? La terra che era là, dov’è? Sembra che il mondo si stia dileguan¬do. Oppure siamo noi a sparire? Che senso ha questo cataclisma? Siamo morti e non ce ne accorgiamo?”
“Mi chiedi dove sia il senso delle cose? Quali cose? Non c’è più niente, nemmeno il senso. Ci siamo io e te in cima ad un albero alla deriva. Siamo sopravvissuti anche al senso comune. Adesso dobbiamo andare avanti.”
“Oh capitano, mio capitano…come ci orientiamo in mezzo al nulla?”
“Dammi la mano che ci metto dentro il cuore e seguiamo il loro entusiasmo.”
Mentre Peitrasanta sembra lasciarsi trasportare nel ballo lento di fine Estate, i delfini le vengono vicini e la scortano saltando come a pesca di nuovi orizzonti di cui sfamarsi.
Un antico corteo festante per accogliere il nuovo giorno di gloria.

QUI FINISCE L’AVVENTURA E INIZIA LA NOSTRA VITA.

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