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La società parlata dalla lingua

La società parlata dalla lingua

“La parola o segno che l’uomo usa è l’uomo stesso…Così il mio linguaggio è la somma totale di me stesso”. Questo afferma il filosofo americano Charles S. Peirce nel XIX secolo.

Un tempo che ci appare lontanissimo non per gli anni trascorsi ma per il contenuto di questi suoi segni “Pragmatici”.

Infatti noi “moderni” non pensiamo nemmeno di poter cercare l’uomo nelle sue parole. Innanzitutto sappiamo che le parole sono dette in pubblico per essere male interpretate e dunque meritare una smentita (sempre in pubblico) così da potersi confondere nel vociare generale e sotto mentite spoglie fanno cose indicibili tanto nessuno se ne accorgerà o,  almeno, nessuno avrà voce forte abbastanza per mettere a tacere il chiacchiericcio, anzi l’opposizione diverrà parte integrante del mascheramento.

Come siamo arrivati a capovolgere la logica divenendo fino a separare l’uomo dalla sua facoltà di pensare e dalla sua capacità di esprimere i suoi pensieri con parole o segni?

Per rispondere a questa domande sarebbe utile rileggere: Sulla lingua del tempo presente di Gustavo Zagrebelsky.

La lingua è uno strumento “unificatore” di un popolo, gli uomini che parlano la stessa lingua sono quelli che abitano la stessa casa, al punto che la lingua può essere identificata col luogo geografico in cui è “esercitata”.

I regimi come il nazismo e il fascismo hanno usato il linguaggio come mezzo per plasmare e forgiare le menti degli ascoltatori per esercitare e rinforzare il potere conquistato.

“Entrambe hanno fatto largo uso di parole correnti con intenzioni nuove, e di trasposizioni in contesti nuovi di parole correnti.”

Dando il via al ballo e scambio di contenuti e significati che gira e rigira sono finiti a terra e poi sepolti sotto i cadaveri di parole e parolacce usate volutamente a sproposito da chi si ritiene detentore del potere e, per questo, depositario dell’unica Verità esistente: la propria.

La questione non è legata alla capacità di comunicare di cui scrive Borges nel suo Fuentes o sulla memoria… ovvero L’uomo Ireneo dotato di formidabile memoria non riusciva a  creare concetti generali da esprimere a causa del sovraccarico di  nomi propri nella propria ram (sarà stato un prototipo umanoide della più avanzata tecnologia telematica?).

No, certo la moltitudine d’informazione  riempie e distrae le coscienze dai principi generali, ma, credo,  che non riusciamo a riconoscere l’uomo nelle sue parole perché non sono quelle appropriate e direttamente corrispondenti al suo pensiero.

Purtroppo troppo spesso sono parole di altri, ripetute per conformismo. Parole che arrivano più o meno dall’esterno, confuse e mischiate a altre così da poterci dichiarare come la somma di tutti i linguaggi che sentiamo.

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