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Anna Fougez. L’astro intramontabile

Anna Fougez. L’astro intramontabile

 W le donne, w le belle donne…” Questo motivetto mi girava in testa quando il nonno mi raccontava delle dive amate ai suoi tempi. Difficile per una bambina immaginare il nonno giovane che guarda donne diverse dalla propria nonna anche perche’, a quei tempi, non c’erano cinema e televiosione, insomma rivista o avanspettacolo son cose che richiamano vecchi fotogrammi di Carosello, da piccola non notavo troppe differenze, non sembravano storie vere quelle con le tinte bicolori.

Ma quando accompagnavo la nonna a far la spesa lei cantava e una volta si mise a cantare motivi commoventi e mi disse che le donne usano la commozione per attirare l’attenzione e che gli uomini ci cascano sempre e che le donne intelligenti sanno far valere questo vantaggio e diventar divine, fatto questo non le ferma più nessuno. Allora chiesi al nonno chi fossero le donne divine e mi disse “la più grande è stata Anna Fougez, la sciantosa”.

Sapevo già che sciantosa era il più bel complimento che il nonno potesse fare ad una femmina e pensai che fosse una napoletana francesizzata di quelle che fanno la mossa anche se le canzoni cantate dalla nonna erano tristi e senza inflessione dialettale.

No, Anna Fourgez era tarantina, bellissima con due gambe perfette, gli occhi grandi e poi sapeva cantare, ballare, recitare, la più grande del suo tempo”.

La nonna mi disse che era stata una soubrette che aveva lanciato tante canzoni: Vipera, Profumi e Balocchi, Abat jour, A tazza ‘e cafe’, ma sopratutto era stata intelligente a ritirarsi dalle scene nel momento opportuno e ricca, ricchissima “gli artisti generalmente sperperano tutta la loro fortuna e muoiono poveri e tristi come barboni”.

Lei no, si ritirò verso i 40 anni (nella sua villa a Santa Marinella) quando ancora guadagnava 1500 lire a serata mentre i più non arrivavano nemmeno a 1000 lire al mese. Certo un compenso da vertigine ma meritatissimo. lei curvava le coreografie, cuciva o disegnava gli abiti di scena, i fondali, fu la prima ad introdurre la discesa delle scale ed inventò la “ Grande Rivista italiana” riuscendo ad imporre l’estro italiano anche all’estero. Parigi, Londra, Berlino tutte tappe dei suoi acclamatissimi tour.

Nell’autobiografia dal titolo significativo: “Il mondo parla, io resto” scrisse: “E fu così che, (…) sorse e visse splendidamente, per tutta una lunga stagione, seguita dai consensi più ampi e disinteressati, la Grande Rivista Italiana. Una serie di quadri, dove la bellezza delle musiche, il fasto dei costumi e le interpretazioni delle canzoni e delle danze risaltassero, in un assieme di completo buon gusto: una Rivista i cui quadri fossero allacciati da un’ideale logicità, senza il bisogno di dover far riapparire, a scadenza fissa, gli stessi personaggi, sia pure essi, come nelle Riviste francesi ed americane…”

Il mondo è passato attraverso la seconda guerra mondiale, la guerra fredda, ora è arrivato nel cyber-spazio ma Anna Pappacena (il suo vero nome) rimane un astro lucente anche nelle foto in bianco e nero che sono state esposte al Castello Aragonese, a cura di Leo Pantaleo che l’ha omaggiata con uno spettacolo teatrale, magnifica anche nelle immagini in mostra presso la biblioteca Acclavio e raccolte nel libro “Le donne di Taranto” a cura di Domenico Sellitti.

Una donna, una bella donna di Taranto, è sepolta qui nella cappella di famiglia, chissà se qualcuno le porterà delle mimose per l’8 Marzo, rose rosse no, cosi’ cantava la primadonna sulla scena del primo quarto del Novecento… “rose rosse no”… la donna merita di più.

Lucia Pulpo

Pubblicato su Cosmopolis il 3/3/2013

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