EU Cookie Law

Il segno delle idee

Il mio spazio creativo

Il fossato tra i due mari

Il fossato tra i due mari

Per capire un racconto bisogna leggerlo tutto ma, generalmente, si rimane colpiti da un dettaglio “illuminate” che sembra divenire la chiave rivelatrice del “subconscio” dell’intero racconto. Il dettaglio della storia della Taranto moderna è il canale navigabile o “fosso” o “fossato”che divide la città vecchia dal continente. Nel 1811, Don Giovan Battista Gagliardo, nella sua “Descrizione topografica di Taranto”, scrive: “Anticamente era per il servizio della rocca. Fu poi profondato nel 1480 per ordine di Ferdinando I di Aragona, suo figlio lo rese navigabile. Essendosi quindi riempito di sabbia fu nel 1755 riaperto per ordine di Carlo III…” . Qualche tempo dopo lo Speziale annota che il fosso è pieno di rifiuti e di detriti da costruzione, e, nel 1789, sulle pagine de: “Nel Regno di Napoli. Viaggio attraverso le provincie”, l’entusiasta  Karl Ulysses von Salis,  rincara la dose osservando che  “[…] oltrepassando l’abituale sporcizia italiana, non è traversabile a causa del suo sudiciume e del suo fetore.”
Nel settembre del 1883 iniziano i lavori per l’allargamento del canale navigabile considerato la via migliore per le navi che dovranno arrivare all’Arsenale militare che presto sarà realizzato nella baia di Santa Lucia in mar Piccolo. L’alternativa al canale artificiale sarebbe stato il canale naturale a ponente della città vecchia (quello su cui si apre porta Napoli). Secondo Simone Pacoret di Saint Bon, autore del “progetto di ubicazione” dell’arsenale, usare il canale naturale per le navi militari avrebbe significato spostare il porto mercantile della città creando troppo disagio alla popolazione; invece il canale artificiale avrebbe richiesto soltanto l’abbattimento della torre nord del castello, “Torre S. Angelo”. Le ditte vincitrici delle gare d’appalto per gli scavi, sono quella di Tricarico del sig. Motta per i lavori all’asciutto, e quella del francese Brunet che poi cederà l’appalto per i lavori subacquei alla ditta Queirolo. Fortunatamente almeno la mano d’opera impiegata è locale anche se la maggior parte dei manovali vengono dal mondo agreste o da quello ittico e non sono adeguatamente preparati al lavoro di cantiere. Direttore e sovrintendente di tutto il progetto, il maggiore Giovanni Giovane scrive nel suo diario del 1884:”… L’impresa Queirolo paga i marinai 50 lire mensili, togliendo loro il corrispettivo giornaliero in caso di malattia; resta un po poco…” e qualche tempo dopo: ”… Ho scritto all’impresa Motta circa l’uso di mine. Ed un ordine di servizio circa l’abuso di percuotere i lavoranti”. Da questa testimonianza è passato più di un secolo, il canale è finito ma il rispetto per la città e per i suoi lavoratori è ancora in fase di progettazione.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


*

CAPTCHA: Completa l\'operazione sottostante *