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Intervista ad un talento della pittura

Intervista ad un talento della pittura

Molti talentuosi nascono a Taranto e finiscono col vivere altrove, come ad esempio, il pittore Valerio D’Ospina.
Valerio, così giovane (nato nel 1980) e già anche insegnante universitario… per questo sei andato in America, qui, in Italia non c’era posto?
Adesso, in Italia, lavorare nella scuola sembra davvero difficile. Mentre studiavo, a Firenze, per l’esame finale di abilitazione all’insegnamento, mi hanno chiamato a tenere un corso di Disegno e Pittura alla Indiana University of Pennsylvania. Ho lasciato Firenze per ragioni “sentimentali”.
Dunque non hai rammarico nei confronti della tua nazione di provenienza…
No, io non sono mai “scappato” dall’Italia in cerca di fortuna all’estero, adoro il mio Bel Paese. Forse dopo mi sono reso conto che era meglio stare lontano dalla mia terra per continuare ad amarla sempre più. Tuttavia, c’è anche da dire che in soli due anni sono riuscito a costruirmi bene o male un nome e a farmi conoscere in tutto il mondo, mentre in Italia, la “gavetta” sarebbe stata molto più lunga. In America hanno il business nel sangue, sanno far circolare bene il denaro, mentre qui si cerca solo di fregare il prossimo, così sopravvivere è molto faticoso.
Perché hai lasciato l’insegnamento?
Insegnare in inglese, almeno inizialmente, era troppo impegnativo e mi privava di troppo tempo.. Mi resi conto che, dal pittore che insegnava, ero passato all’insegnante che dipingeva nel tempo libero. Quindi ho abbandonato la prematura carriera di professore per dedicarmi full-time alla pittura e alla mia crescita artistica cercando anche di liberarmi dai condizionamenti dei grandi maestri e dalle tecniche tradizionali.
Chi erano i tuoi punti di riferimento e quali sono ora?
Quando ero ancora uno studente mi piaceva riprodurre tantissimo Caravaggio e i classici italiani e francesi ma mi dilettavo anche a disegnare fumetti. Adesso per me è quasi imprescindibile l’opera di Alessandro Papetti, lo considero il maestro per eccellenza. Papetti, ma anche Giacometti, Kiefer, Freud… ho imparato molto da loro e sto riuscendo ad andare oltre.
La pittura è un piacere sensuale per te?
Sì, è proprio un piacere tangibile. Forse è per questo che dipingo per la naturalezza e il piacere sia fisico che intellettuale che provo nel farlo.
Cosa c’è nei tuoi quadri di Taranto?
A Taranto torno tre volte l’anno. Qui ho la mia famiglia e gli amici, le mozzarelle,  la pizza, il  pesce (carico di diossina eh eh), c’è la gente più autentica e spontanea e poi c’è il gusto… qui anche i cosiddetti “tamarroni” hanno gusto e volti pieni d’espressione. Alcuni soggetti mi piacerebbe ritrarli per l’intensità dei tratti fisiognomici.
In alcuni tuoi quadri, ci sono industrie abbandonate, navi e locomotive, anche l’Ilva è una delle fabbriche dismesse da rottamare?
Mi sono dedicato a questi soggetti per superare il mio classicismo ancora legato alle figure e ai ritratti ma, ultimamente, mi sono anche concentrato su artisti come Leonardo Cremonini e Bacon con soggetti tipo “carne da macello”.Il quadro “ILVA” fa invece parte della serie degli edifici dismessi e inquinanti, non a caso ha come sottotitolo “Inquiniamo Le Vostre Aree”.
Tutti questi soggetti sono un po’ inquietanti, sembrano denunciare l’ imbarbarimento del mondo. Tu sei pessimista sull’avvenire della nostra civiltà?
Con l’avvento di internet si sono aperte grandi possibilità perché con l’informazione gira anche la cultura. Certo on line naviga anche molta controinformazione, ma almeno si può scegliere e migliorare. (sito web dell’autore evdospina.com)
Pubblicato su Cosmopolis
il 9/01/2012

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