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Lettera ad una donna eccezionale

Lettera ad una donna eccezionale

  Cara Sheryl Sandberg, hai ragione nel dire che le donne hanno meno coraggio degli uomi­ni nell’affrontare la propria “carriera lavorativa”. Il fatto che ai posti di potere si trovino quasi esclusivamente gli uomini è una colpa anche nostra che non ci poniamo come obiettivo prioritario il potere decisionale e la totale indipendenza di scelta in ambito lavorativo; ma andrei piano con l’attribuire colpevolezza a questa mancanza (come fai tu). Cerco di spie­garmi: il coraggio è costituito, almeno in parte, dalla inconsapevolezza degli effetti… cioè l’azione coraggiosa spesso è l’azione istintiva ed incosciente che non sa bene a cosa và incontro e cosa deriverà dal suo agire. Generalmente la donna, sopratutto se ha messo su famiglia, pensa non soltanto per sé stessa ma per tutta la famiglia che ha generato. Pur­troppo invece di essere sostenuta ed incoraggiata dai suoi cari, viene aggravata da impe­gni che assorbono forza ed entusiasmo. Avrebbe dovuto pensare fin da giovane ad orga­nizzarsi per lasciar spazio alla sua affermazione lavorativa, ma a questa consapevolezza le donne non sono educate e non la sanno gestire ancora. Insomma hanno un’incoscienza diversa da quella del maschio-dominatore (e a questo si potrebbe rimediare ma a benefi­cio delle prossime generazioni). Spero che la tua accusa di colpevolezza sia un monito d’incoraggiamento: “Svegliamoci subito, che quando saremo grandi sarà tardi per dirigere le danze!”.

9 Comments on "Lettera ad una donna eccezionale"

    Non vorrei essere ottusa..ma è inutile..io credo che il predominio maschile sia semplicemente da attribuire a una retrograda, antica ma ben radicata convinzione sessista che vede le donne rinunciare ai loro obiettivi professionali al fine di assolvere al dovere sociale di procreare, cosa che è inutile nascondere, diventa un vero lavoro a tempo pieno per almeno i primi 10 anni di vita della progenie. Solo le donne che decidono di saltare e quindi rinunciare a questo dovere sociale avranno qualche speranza professionale. Anche se poi cadranno nello stereotipo osteggiato delle ‘donne ossessionate dalla carriera’.

    Per quanto mi riguarda penso che sia una questione culturale, genetica e di organizzazione e divisione dei compiti.Lo so che ho parlato di millenni di storia umana citando questi concetti,ma per me sta tutto li’. E’ una questione culturale perche’ si vuole che la donna sia l’angelo della casa e della prole, genetica perche’ e’ una questione di geni e di divisione dei ruoli, l’uomo-cacciatore, la donna-allevatrice. Di organizzazione e divisione dei compiti perche’ li dove sono marcati e non comunicanti, e’ la rovina, dove sono interscambiabili e in armonia, li’ c’e’ reciprocita’. Mi spiego meglio, dicendo che e’ anche una questione di leggi che tutelano la vita professionale delle donne. In Italia, lavori e vuoi fare un figlio (perche’ due o tre sarebbe assurdo)allora se ti va male ti licenziano, se ti va bene ti fanno stare a casa per 8-12 mesi e poi riprendi alle loro condizioni, magari anche con trasferte e sei devi allattare non so…altrove se entri in maternita’ hai diritto, e ripeto hai diritto, a stare due anni a casa per crescere i tuoi bimbi, e parlo al plurare, ti finanziano per mantenerli e farne sempre di piu’, e ti offrono servizi e strutture per lasciarli quando riprendere a lavorare.
    Detto questo in Italia, o scegli la carriera o scegli di essere mamma, se provi a fare entrambe, ti esaurisci, spendi soldi a palate in strutture, a meno che tu non abbia una famiglia forte che ti aiuta, e il piu’ delle volte divorzi perche’ ti senti sola ad affrontare il mondo.
    Per concludere, dico che li’ dove le donne riescono a farsi strada nella carriera, le cose vanno meglio, perche’ come siam mediatrici e gestionali noi non lo e’ nessuno!

    Io sono una mamma con 2 figlie da crescere (senza nonni vicino), con un buon lavoro ed una casa da mandare avanti. Ho scelto di avere dei figli e con il passare del tempo mi sono resa conto che non basta solo metterli al mondo, ma bisogna seguirli…o meglio ho deciso di volerli anche seguire. Questo non si concilia tanto con quanto richiesto dall’azienda che invece di scegliere persone intelligenti e capaci guarda di più al tempo che uno rimane in ufficio. Io viaggio spesso e sono sempre disponibile per le riunioni, ma sinceramente se non ci sono urgenze cerco di uscire dal lavoro entro le 18.00, magari lavorando ancora la sera, quando le mie figlie sono a letto. I risultati da me ottenuti sono superiori a molte persone che solo perchè rimangono in azienda più tempo e dedicano la maggior parte di questo a creare “alleanze” hanno sicuramente carriere migliori della mia. A conclusione di tutto questo voglio però dire una cosa…se tornassi indietro dedicherei più tempo alle mie figlie e forse riuscirei a vedere io, e non le tate, i loro primi passi ed i loro progressi…queste sono emozioni che nulla ti può dare…tantomeno un avanzamento di carriera!!!!

    Eheheh Raffy, il tuo discorso mi ricorda molto i consulenti Accenture, che fanno(o facevano) a gara a chi rimaneva di più in ufficio, dato che la Direzione riteneva l’uscire prima delle 21/22 di sera segno di non attaccamento al lavoro.

    Un giorno a Matrix una P.M. di Accenture mi ha detto “Stai già andando?” E io “Beh se i task della giornata sono smarcati perchè dovrei rimanere?” Sembrava avesse visto il demonio 🙂

    Ahahah applichiamo ancora teorie e concetti che negli States sono sorpassate, ma dopotutto fino a quando la nostra più grande TELCO proporrà come A.D. uno che in pubblico afferma che la più grande vittoria di Napoleone è stata Waterloo di cosa ci meravigliamo?

    Il crescere, e logicamente partorire, dei pargoli è un accrescimento personale e creativo che niente potrà equivalere, un bagaglio che utilizzato in ambiente lavorativo porterebbe a miglioramenti incredibili sia dal punto di vista del fatturato che delle relazioni intra personali. Ma forse ci vorrà un’altra generazione di disastri per capire quest’ultimo concetto.

    Intanto aspetto e osservo e ringrazio tutte le donne per poter donare tanta sensibilità e gioia alla vita.

    Ebbene, non penso sia il caso di dire a priori di chi è la colpa,ogni donna ha le sue ragioni, ogni donna ha i suoi tempi ed in Italia nulla le favorisce.
    Piuttosto vorrei parlare dei perchè le donne non riescono ad arrivare in “alto”,tra le tante motivazioni, mi amareggia dover sottolineare che molto spesso è anche il gentil sesso che non si comporta in maniera affatto gentile con le proprie colleghe! Non esiste la solidarietà femminile (mentre quella maschile è spiccata), non esiste il supporto tra di noi (piuttosto se possiamo mettiamo volentieri i bastoni tra le ruote alle nostre colleghe, mentre gli uomini si coprono a vicenda “alla grande”), inoltre quando riusciamo ad assumere un ruolo di potere molto spesso prendiamo ad esempio il comportamento maschile, e lo applichiamo con ancora più “maschilità” dell’uomo.
    Con queste premesse, dove possiamo arrivare?
    Gli uomini non sono dei santi, la società non ci aiuta, ma noi non aiutiamo noi stesse!Eppure ognuna di noi sa bene quanto possa essere in gamba l’altra e sa bene che l’unione fa la forza…

    Scusa Anna ma essendo “parte in causa” posso dirti che fondamentalmente è l’essere umano a cercare di fregare il suo simile, che si tratti di donna/donna, uomo/uomo o a parti incrociate.

    La solidarietà maschile si manifesta solamente nei momenti di “machismo”, per poi diventare evanescente su altri temi più delicati.

    Se il diritto alla paternita’ fosse riconosciuto (mantenuto) nel tempo non gia’ solo come conseguenza di un mero sforzo biologico iniziale ,bensi’ come derivante da un impegno profuso quotidianamente in un tutto quanto riguardi la gestione della vita domestica(e sottolineo tutto quanto),allora si che si cambierebbero le cose….tutto potrebbe partire da un unico concetto ,da un unico principio di LEGGE….credo che agli uomini si conceda troppo e gratis…..punto primo dalle loro madri che li educano ad essere assistiti a vita dalle donne.punto secondo:dalle loro compagne ,che incapaci di voler cambiare le cose(ma scontente a vita) ,si lamentano ma li assecondano in ogni loro necessita’;punto terzo:dalle leggi …che pero’ per fortuna possono essere cambiate o /e essere rese attuative del principio in esse contenuto…..MA COME?????? dovremmo essere noi stesse a proporre quella sopra indicata come condicio sine qua non …..in Parlamento…..non aspettare che le mille leggi e leggine vengano attuate dagli uomini datori di lavoro e mariti in favor delle donne..; possiamo cambiarci il destino con una piccola rivoluzione prima fatta in casa (allevando ed educando i nostri figli maschi al rispetto della donna madre e lavoratrice innanzitutto e “addomesticando” i mariti )e poi nel sociale……solo cosi’ vedremmo milioni di uomini che CI TENGONO AI PROPRI FIGLI muovere il c….in difesa del loro DIRITTO e sacrificare un po’ il lavoro in nome della collaborazione familiare…..questo vorrebbe dire :PIU’ TEMPO PER LE DONNE …..PER LA LORO AFFERMAZIONE per il loro esistere diverso solo da quello di madri ….e forse la carriera non sarebbe piu’ solo un sogno…ma una realta’……una parola sola per concludere .RIVOLUZIONE!!!!!
    con simpatia e DOLCEZZA raffaella :))))))

    Sono pienamente in sintonia con ciò che afferma Raffaella. La responsabilità del perdurare della differenza tra il genere femminile e quello maschile, è proprio da addebitare, in gran parte, alle madri,in primo luogo, ed alle compagne. Le mamme perchè, anora oggi, adottano un distinguo nell’educazione tra maschi e le femmine. I primi sono ancora serviti e riveriti ed a loro spetta sempre l’ultima parola. E’ vero, sino a quando non saranno educati ad essere autonomi sin dai primi anni di vita, sino a quando non saranno coinvolti nella gestione della vita familiare, noi donne non andremo da nessuna parte. Abbiamo poco tempo per accudire i figli, pensare al vitto, alla spesa, alla cucina ed anche al lavoro, figuriamoci poi se ci può essere tempo per la carriera e tempo per tentare di occupare posti di potere. Carla

    Sì, purtroppo, perdura l’atteggiamento “maschilista”. Direi uno stile di vita adottato ed insegnato o comunque trasmesso a tutte le generazioni… Emancipare le donne significa emancipare anche i figli che saranno mariti. Ma la donna a cui mi riferivo nel post, colpevolizza le donne perchè dice che le cose non stanno male come le donne dicono, la loro è una scusa comoda. Questo atteggiamento colpevolista non porta a nulla, anzi non sono proprio d’accordo, ci saranno le eccezioni ma non credo che siano tutte votate al martirio… perchè il maschilismo è un attegiamento che ha effetti pesantisimi non solo sul lavoro ma su tutta la quotidianità.

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