L’esperienza della felicità
Cos’è il mondo? Un sasso, un’idea, una chiacchiera tramandata che puzza di muffa.
Abbiamo imparato che ogni cosa è contrassegnata da un nome proprio e qualificata da attributi, aggettivi con verbi che ne specificano lo stato, il divenire, l’avere o l’appartenenza. Una serie di parole che si arrampicano su di un tessuto linguistico non sempre logico e corretto. Sussurri, voci di vento impalpabile che portano con sé echi di discorsi teorici lontani dai nostri sentimenti del momento. Forme astratte composte per distogliere l’attenzione dalla realtà. Questo succede quando i concetti espressi sono dedotti da idee preconcette che qualcuno chiama innate. Invece il “vero” sapere scientifico o umanistico che sia, è costruito sulla base di dati ed osservazioni sperimentali. Pensieri concreti e verificabili sempre. Partendo da questo fondamento l’uomo accrescerà il proprio bagaglio cognitivo che lo porterà ad una esistenza progressivamente migliore rispetto all’attuale. Un’accumulazione per quantità e qualità, perché ogni pensiero è raffinato dalla mente a cui è stato dato in cambio d’un altro elaborato.
Tutto quel che facciamo o che ci sforziamo di fare è volto alla conquista di una sempre maggiore felicità.
Secondo il logico del linguaggio J. Stuart Mill, l’uomo esiste e l’utilità che trae da questa condizione la chiama felicità.
Tutto il bene, tutto il giusto, tutto il bello, tutto ciò che è considerato positivo, la faccia luminosa della Luna… quella è la felicità. Quella deve essere il criterio che guida l’uomo nelle sue scelte razionali, non un semplice proposito ma una regola dimostrata da ogni azione compiuta. Una legge matematica che è contemporaneamente ispirazione e risultato del procedimento umano; una legge valida ugualmente per tutti gli uomini senza eccezioni. Non c’è felicità se non c’è libertà di poterla raggiungere. L’illustre filosofo inglese è categorico nel ribadire l’importanza della libertà individuale che permette agli uomini di affrancarsi dal loro status animale per giungere all’Eden.
Il liberalismo politico ed economico dell’autore garantisce la sua predisposizione verso la Democrazia considerata come unica forma di governo in grado di garantire e di tutelare la varietà di idee ed espressioni umane; le differenze e le diversità preservano l’umanità dall’omologazione e dalla tristezza della vecchiaia.
Tali convinzioni sono espresse in diverse delle sue opere, anche ne L’asservimento delle donne, pubblicato nel 1869 dopo essere stato deputato alla camera dei comuni (1865-1868) ed aver sostenuto il suffragio universale delle donne.
Egli afferma che le donne sono state ridotte in servitù dalla prepotenza e dalla superbia nonché dalla forza maschile, ma questa prevaricazione è sbagliata e dannosa perché priva l’umanità di una parte d’intelligenza e questo ostacola il cammino verso la felicità di tutti che è sempre il centro del discorso di Mill, in altre parole l’emancipazione delle donne potrà “raddoppiare la quantità delle facoltà mentali disponibili per i più elevati servizi dell’umanità”, dichiarare pubblicamente queste “idiozie” all’epoca significava attirarsi contro gli sberleffi di parlamentari e di tutti i benpensanti. Ma le donne iniziavano a rivendicare i loro diritti, fra cui quello del voto, già nel 1850 in Ohio (USA) era nato un comitato detto “convenzione di donne”, e questo movimento si estese rapidamente fra le donne europee, contrariando i padri, i mariti ed i fratelli. Il nostro pensatore illuminato da tempo aveva maturato le sue idee riformiste sulla morale e sulla democrazia in questo supportato dalla moglie Harriet Taylor, considerata l’avvocato dei diritti delle donne. Una storia d’amicizia durata 25 anni prima del matrimonio, il secondo per lei, un amore arricchito dalla condivisione di interessi culturali come testimoniano i saggi scritti insieme Sul matrimonio, Sul divorzio e Sull’emancipazione femminile (raccolti in Italia, nel volume Sull’eguaglianza ed emancipazione femminile). Il sodalizio fra i due nasceva dal loro sentirsi alla pari, in grado di scambiarsi parole di uguale importanza e meritando il rispetto reciproco per intuizioni e ragionamenti di uguale dignità ma di caratteristiche diverse. I due sembrano dividersi i compiti, scrive la Taylor rivolta all’amico: “se per una volta almeno potessi essere provvidenziale per il mondo, all’esplicito scopo di sollevare la condizione delle donne, dovrei rivolgermi a te per conoscerne i mezzi: lo scopo sarebbe quello di rimuovere ogni ostacolo agli affetti…”, dopo la morte di lei l’innamorato risponde: ”Quando due persone hanno pensieri e speculazioni del tutto in comune, è di poca importanza, circa la questione dell’originalità, chi di essi detiene la penna”.
I due filosofi intendono il matrimonio come suggello di una corrispondenza d’intenti oltre che di sensi, la celebrazione delle affinità elettive, unione che non deve essere costretta in un tempo indissolubilmente eterno, essa deve durare tanto quanto la felicità che crea a meno che non ci siano figli la cui felicità è prioritaria e dipende completamente dai genitori. Oggi le pari opportunità fra uomini e donne sono garantite per legge e così anche il divorzio ma, ancora, manca l’educazione al rispetto dell’intelligenza della donna e, più in generale, al riconoscimento teorico e sperimentale della felicità. Dopo la rivoluzione francese, il motto dell’uomo progredito deve essere: “Libertà, Eguaglianza e Felicità!”.