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La democrazia del mulino bianco

La democrazia del mulino bianco

La vicenda Vendola cosa insegna alla sinistra ed in generale ai politici italiani?
Il pluralismo è una ricchezza per la democrazia e la vicenda Vendola ne è un esempio. Ricchezza perché porta a conclusioni migliori di quelle deducibili dalle condizioni di parten­za. Le divisioni e le spaccature sono l’equivalente della sottrazione di idee prima che di voti, non si genera nulla col depauperamento di una forza partitica. Le primarie della Pu­glia sono state importantissime perché la scelta era fra due coalizioni e non fra due espo­nenti dello stesso partito come in Campania ed in Umbria. La gente non ha votato un am­ministratore come potrebbe essere un sindaco o un presidente di provincia, dunque non ha espresso un voto sulla persona ma alla linea politica che traccia. La politica non deve essere fatta solamente di teorie e schemi, noi dobbiamo essere coraggiosi e dobbiamo es­sere disposti a metterci continuamente in gioco per ascoltare la voce di coloro che rappre­sentiamo senza cercare d’imbrigliare il dialogo in sistemi preconfezionati che classificano tutto in base al colore della pelle, alle inflessioni dialettali o al credo religioso.
La politica ha un problema di rappresentanza? Lei chi rappresenta?
Io sono fiero di rappresentare i 15.000 operai dell’Ilva in Parlamento. Non solo loro, ma vengo da una esperienza sindacale che mi ha formato e sensibilizzato al problema del la­voro che è futuro, così per indicare la mia base focalizzando al massimo l’obiettivo, indico quei lavoratori che , nella mia città, sono in bilico fra l’industria siderurgica e il niente e questo provoca vertigini davvero paurose.
Lavoro ed economia povera sono prevalentemente problemi del sud, è la storica questione meridionale?
Lombardia, Piemonte e Veneto sono una macro area industriale , la quarta per produttività in Europa. Noi siamo distanti ed in ritardo rispetto al loro sviluppo. La distanza non è pura­mente formale ma non siamo al passo con la loro produttività, mancano i collegamenti an­che più materiali come quello aeroportuale, ferroviario, anche il corridoio stradale ci pena­lizza considerando che tutto il versante adriatico è rallentato rispetto al Palermo Mila­no. Sarebbe importante fare alleanza sul versante adriatico per raggiungere l’obiettivo di una buona rete di passaggio di uomini e merci senza piangerci addosso in nome della questio­ne del ritardo secolare.
Nell’Italia della seconda repubblica la destra attinge politici prevalentemente dai pubblici amministratori mentre molti degli esponenti politici di sinistra provengono da esperienze sindacali come lei come il nostro presidente della provincia ma abbia­mo avuto anche presidenti della camera e del senato con un passato da sindacali­sta, come spiega questa “caratterizzazione delle origini”?
Il sindacato è stato una scuola interessante sia sul piano organizzativo che su quello prati­co del cimentarsi quotidianamente coi problemi dei lavoratori. Il ricorso ai sindacalisti è cresciuto dopo tangentopoli con la scomposizione dei partiti; la ferita che si aprì nella sini­stra con l’allontanamento fra riformisti-miglioristi ed estremisti causo uno stallo momenta­neo di uomini e di idee, di qui la necessità di un cambio affidato all’esperienza fatta “sul campo” a stretto contatto con una parte del popolo rappresentato.
A proposito di lavoro, i cassa-integrati dell’Ilva arrivano al numero esorbitante di 70.000. Giusto?
Oltre alla cassa integrazione ordinaria bisognerebbe conteggiare quella straordinaria, la mobilità e tutte le deroghe. In fondo con la lettura i numeri strutturali non abbiamo una vi­sione completa della situazione che è ancora più terribile di quella prospettata da questo numero. Le ore di cassa integrazione mensili nella provincia di Taranto sono 14.000 ai cassa-integrati si aggiungono tutti quelli che hanno avuto un contratto a termine ed interi­nale, questo per la fascia industriale, le stime diventano drammatiche se sommiamo anche quelle del terziario dove il lavoro precario ha contratti di collaborazione ed a progetto, co.­co.co, co.co.pro fino alla partita iva… tutto lavoro precario che non assicura una prospetti­va di crescita e nemmeno di vita e così vediamo l’esodo dei nostri ragazzi dal meridione.
I nostri ragazzi vanno via dalla loro terra come gli immigrati, tanto additati secondo un pregiudizio razzista che spira da un nord leghista?
Finalmente la Cei ha alzato la voce per dire che gli immigrati delinquono tanto quanto gli indigeni autoctoni e non di più. No, il movimento migratorio verso il lavoro non è lo stesso, basta guardare negli occhi di questi extra-comunitari, loro hanno una vivacità, una speran­za di migliorare le condizioni della propria esistenza, addirittura loro hanno la sicurezza di poter affrontare ogni problema e di poterlo risolvere, cosa questa che i nostri figli non han­no. I nostri ragazzi sono cresciuti nella democrazia del mulino bianco e quando partono non è per ribellarsi e cambiare la loro condizione di vita ma è sol per perpetuarla.
I ragazzi sono già andati lontano a cercar fortuna potranno mai tornare “in patria” oppure qui non abbiamo nulla da offrir loro?
In questo la Puglia si differenzia da tutto il resto del meridione, perché Vendola sta attuan­do delle scelte dal turismo all’eolico che fanno della nostra regione un’eccellenza in grado di attrarre ricchezze da offrire ai conterranei per richiamarli “in patria”, se così vogliamo dire.
Nuovamente Vendola, lei sosteneva Vendola anche alle primarie?
Io sostenevo l’importanza di fare le primarie , inoltre Vendola è un figlio della Puglia, uno dei migliori esponenti della democrazia meridionale come Di Vitttorio e Moro.
Vendola si oppone alla centrale nucleare ed al programma di trivellazione dell’Eni nelle acque pugliesi, lei che ne pensa?
La centrale nucleare, in Puglia, non si po’ fare; sono state fatte scelte energetiche diverse e poi perché una centrale nucleare quando già l’energia che produciamo non siamo in gra­do di trasportarla fuori? Invece mi chiedo perché opporsi ai programmi di trivellazione del­l’Eni; se in Basilicata c’è il petrolio e lo portiamo a Taranto con l’oleodotto perché non co­struire un metanodotto per portarlo in tutta Italia. Certo questo implica la costruzione o l’ampliamento della centrale e conseguente aumento della anidride carbonica ma io appli­co la categoria del buon senso che mi dice che questo aumento di CO2 non è “ecologico” ma serve a far funzionare l’industria e l’economia. Anche grandi uomini di sinistra come Obama o come Lula o gli esponenti del partito democratico indiano la pensano così, ci vuole buon senso per andare avanti col resto del mondo.
Globalizzazione, prima abbiamo parlato di pluralismo, in quest’ottica qual’è il contri­buto dato dal sistema delle informazioni e comunicazioni sia a livello nazionale che locale?
Per quanto riguarda l’informazione scritta, a livello nazionale non va bene perché i grandi giornali non raccontano più la vita dell’Italia, la stampa è assistita con contributi statali ma è prezzolata al servizio del potentato editoriale che ha la quota maggiore. Invece la stam­pa locale è più vicina sia al lettore che all’evento e lo racconta con maggiore credibilità e affidabilità. Spesso nei giornali nazionali le pagine più apprezzabili sono quelle degli inserti locali che però limitano la diffusione della notizia nel territorio di provenienza. Su questo bi­sognerebbe insistere, cioè che le notizie locali, sopratutto quelle riguardanti l’economia, dovrebbero essere esportate da un chiuso ambito provinciale per inserirsi in una rete più ampia che garantisca una migliore conoscenza delle risorse del nostro territorio. Su que­sto sono fiducioso perché abbiamo tanti giornalisti di talento che riusciranno ad inserirsi in circuiti di più grande respiro oltre quello buono locale. Poi ci sono le televisioni. Intanto questa cosa stupenda che gli italiani oggi seguono i telegiornali. Al contrario della stampa, le emittenti locali sono più esposte alle influenze dei propri produttori e così hanno un rim­balzo d’obiettività. A Taranto c’è un regime di monopolio televisivo che cozza col principio di concorrenza proprio della democrazia.
La zona franca. Sarà presentato un nuovo emendamento in Parlamento, di che si tratta?
L’emendamento non è stato ancora presentato dalla assemblea dei sindaci, comunque dovrebbe essere l’emendamento numero 9.600. La discussione è in Senato col provvedi­mento 1000 proroghe a questa si rivolge l’emendamento soppressivo che riguarda alcuni benefici superflui che gravavano sulle scarse risorse economiche a disposizione. Il gover­no sbagliava nell’istituire dei benefici di 14 anni per il credito d’impresa quando c’è già lo sgravio per disoccupati e cassa-integrati e lavoratori in mobilità. Questi benefici ci sono già, durano meno tempo ma è inutile appesantire le casse dello Stato quando il ministero dell’economia continua a dire che non ci sono soldi. Il governo sbagliava riguardo al conto per il credito d’impresa ma le quote versate ai comuni, le quote e tutto il resto permangono invariate.
In Europa la sinistra comanda solo in Spagna, in Grecia e nel Belgio, negli altri pae­si al governo c’è il centro-destra. Secondo lei cosa quale sarebbe il tratto vincente per un partito di sinistra nel nostro occidente europeo?
I principi della rivoluzione francese sono vincenti ma, ancora oggi, non sono stati attuati del tutto. Eguaglianza, libertà e solidarietà sono le ragioni a cui ispirarsi, un trittico insepa­rabile che ha la cittadinanza eterna nel mondo dei giusti.

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