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Forum con Antonio De Padova

Forum con Antonio De Padova

Nel forum di questo numero intendiamo dare spazio ad una “voce fuori dal coro”, il coro dei troppi che, in nome della crisi economica globale, ritengono doveroso non investire nelle capa­cità del proprio territorio.
Il dott. Antonio De Padova , presidente della assoartigianato di Taranto ha un punto di vista di­verso.

Il 20 Gennaio 2009 lei è stato eletto presidente della neo-nata assoartigianato di Taranto; un’associazione nata quando molte piccole imprese ed attività artigianali e commerciali chiudono, allora quanti sono gli associati?
Per il momento, gli associati sono circa 200.
Con 20 collaboratori ci siamo messi al tavolo per trovare un progetto intorno a cui riunire le pic­cole imprese locali per partecipare allo sviluppo del nostro territorio. Sono stanco di sentire pia­gnucolare, litanie mnemoniche ed abitudinari che contribuiscono a creare una cappa sulla città. Lamenti che suonano come scusa per non impegnarsi e non contribuire alla crescita ed al pro­gresso qui possibili.

Si tratta, solamente, di rappresentanza?
Non ci interessa la quantità delle tessere, abbiamo un altro stile, noi tentiamo di far capire alle imprese artigiane quelle più piccole e deboli che devono mettersi insieme per avere un ruolo at­tivo nello sviluppo del territorio e non essere annichiliti dall’attuale sistema economico. Noi stia­mo creando una rete che metta in comunicazione le piccole e piccolissime realtà che così ac­quisteranno la forza di competere sul mercato, anche, con strutture maggiori. Abbiamo già mes­so in pratica questa idea creando dei consorzi, per esempio, a Mottola, a Lizzano, a San Marza­no, a Manduria.

State portando avanti un progetto particolare?
Il 13 Ottobre scorso il comune di Taranto ha adottato per l’area pip di Talsano il nostro progetto che abbiamo denominato “Campus delle imprese”. Campus richiama l’idea dell’offerta di mae­stranze in vari settori perché vogliamo dare una vetrina ai diversi prodotti, produttori di carattere locale. Un modello a livello regionale che porteremo all’attenzione nazionale con un’iniziativa alla presenza del presidente nazionale di Assoartigiani per esportare questo esempio anche in altre realtà interessanti.

Una fiera permanente dunque, quante saranno le imprese che faranno parte di questo progetto privato?
Un centro espositivo permanente su un area di 341.000 mq, dove ci saranno i capannoni di 72 le imprese, divise in due comparti: il comparto A con 40 elementi è già tutto esaurito, per com­parto B ci sono diverse richieste ma abbiamo ancora delle disponibilità. In particolare, all’interno del comparto B, vorremmo allocare delle imprese esterne al territorio per uno scambio necessa­rio di NOAU (know how “saper fare”). Questa volontà deriva dal nostro disegno di quel piano lo­gistico di cui oggi molti si attribuiscono la filiazione ma, così non è, perché siamo noi ad aver ideato il distretto logistico, 10 anni fa , insieme a questo consorzio hinterland attorno a cui ab­biamo riunito le imprese che hanno investito impegnando propri capitali, perché va ricordato che il progetto del Campus è, interamente privato, non ci sarà nessun contributo pubblico. Il Co­mune ha tutto da guadagnare per esempio come incremento dell’occupazione, infatti i dipen­denti attuali di queste aziende sono 210 ed arriveranno ad essere 850. Il volume di affari delle imprese coinvolte è di 85 milioni di euro ma prevediamo arrivi a 250 milioni di euro. Questo pro­getto è un volano incredibile per la crescita economica.

Qual’è il tempo previsto per l’attuazione di questo progetto?
Dai 2 ai 4 anni. Partiranno prima le aziende che hanno urgenza di cambiare sistemazione.

Un progetto interessante che applica l’intuizione della rete telematica, quale altra virtù “moderna” verrà concretizzata?
La cosa più bella è che è un progetto eco-compatibile. Siamo in regola, otterremo la certificazio­ne Nos, infatti sono previsti 34.000 m di verde e 69000m di parcheggio coperto con fotovoltaico e sugli 80000 m dei capannoni verranno installati pannelli solari per una produzione di 10 Mega watt di energia che permetterà un risparmio sulla bolletta energetica del 30% rispetto alla media pagata all’enel.

Queste imprese come saranno coordinate tra loro?
Questo aspetto è Importante. Il cuore del Campus è il centro servizi, un area di 4ooo mq con magari una banca e la posta ed un ristorante per i lavoratori stessi; un luogo dove portare il cer­vello di quel che si muove sul territorio, cioè creare, come al cis di Nola, un polo per la distribu­zione delle merci e, sopratutto, un servizio logistico che significa movimentare le persone e le merci e portarle lì dove vengono consumate.

Un esempio pratico?
La merce comprata al dettaglio ha un costo maggiore di quella comprata all’ingrosso, ma le for­niture all’ingrosso necessitano di ordinazioni di quantità consistenti; le piccole imprese artigiane abbatteranno i costi facendo ordinazioni tutte insieme tramite il centro servizi, e così per i costi del trasporto o della vigilanza.

Il centro servizi assicura anche assistenza finanziaria?
Sì, tramite i COFIDI Puglia a cui siamo arrivati tramite Confindustria (di cui io sono il vice -presi­dente della sezione locale). Prima avevamo tanti COFIDI, adesso abbiamo un sistema unico per tutta la Puglia con associati da Foggia a Lecce, con un potere di contrattazione con le banche più forte garantito da un maggiore patrimonio cumulativo degli associati..

Per il transito delle merci occorrerebbe un sistema di infrastrutture migliore di quello che Taranto e la provincia offrono.
Dai nostri rilevamenti risulta che Taranto, nel meridione d’Italia, è la città col coefficiente più alto per quanto riguarda le infrastrutture. L’autostrada si ferma a Massafra ma basta collegare me­glio l’ultimo miglio della 106 e il problema viabilità è risolto.

Dalle ultime dichiarazioni del presidente della regione Vendola, si evince il rafforzamento delle strutture aeroportuali di Bari e Brindisi, questo non è un punto di debolezza per il sistema logistico da lei citato?
D’accordo, se parliamo del breve periodo, di qui a 5 anni ma nel lungo periodo le merci atterre­ranno a Grottaglie. Gli aeri che sta costruendo Alenia per gli americani, sono molto voluminosi e necessiteranno di piste lunghe per l’atterraggio, tali piste non sono disponibili né a Brindisi, dove finirebbero nel mare, ma neppure a Bari perché entrerebbero nel quartiere palese. Per cui,il fu­turo aeroporto del mediterraneo, o comunque, le uniche piste disponibili saranno quelle della vi­cina Grottaglie.

Il porto?
Il porto è uno dei punti di forza d questo territorio, un scalo a cui arrivano e da cui partono un numero smisurato di container. Taranto è ormai il secondo porto italiano, per importanza, ed il primo nel Mediterraneo ma utilizziamo poco questa nostra opportunità di scambio commerciale e quindi di ricchezza economica. Il porto è il futuro di questa città, ma non bisogna continuare a perdere tempo, in questo senso io non credo ai dragaggi, dal nostro porto passano già 800.000 container e non si fermano; questo è il problema fondamentale non riuscire ad utilizzare il pas­saggio di tante merci.

Il non riuscire a sfruttare questo punto di forza è causato dalla debolezza della classe po­litica dirigente?
Persone di valore ne abbiamo ma non hanno lo spazio ne­cessario per esprimersi. La politica non c’entra. In Italia abbiamo esempi d’imprenditori che si sono affermati senza l’aiuto o l’intervento della politica.

Nei giorni scorsi il ministro Tremonti ha auspicato il ritorno al posto fisso, ma Giuseppe De Vita, dalle colonne di Repubblica, ha ristretto l’ipotesi alle piccole imprese con 10-15 dipendenti; lei da che parte è?
Ho una mia idea che non concorda con nessuno dei due.
La flessibilità del lavoro non è un problema quando il lavoro è svolto con professionalità. Tutti i lavori dovrebbero essere svolti con professionalità da quelli di responsabilità a quelli più mecca­nici. La flessibilità è una garanzia sopratutto nell’ambito pubblico dove il lavoro procede, spesso, con troppa lentezza e poca competenza.

Qual’è la sua posizione sull’abolizione dell’ IRAP?
Se dobbiamo essere realisti, ed io lo sono, è una cosa impossibile. In altri paesi non esiste que­sto contributo ma ne esistono altri; l’Irap porta nelle casse dello Stato 51 miliardi di euro.
Con la buona volontà, tagli e risparmi non si arriverebbe a coprire la voragine lasciata dalla mancanza di una entrata così ingente. Si potrebbe cercare di attenuarla, oggi non c’è bisogno di questi grandi annunci, invece bisognerebbe mirare ad una maggiore agibilità del sistema impre­sa.

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