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Follia pura

Follia pura

Folli sono sempre state quelle persone divergenti, oltre il limite della stravaganza, eccessi­vamente anticonformiste, inebriate dalla gioia del vivere sopra le righe delle convenzioni civili, in un delirio continuo fra trasgressione dei divieti e creazione di nuovi mondi in cui ri­fugiarsi dopo l’evasione dalla banalità.
La dotta follia, quella a cui Erasmo da Rotterdam dà voce (in: Elogio della follia) per ironiz­zare e criticare i dogmi, pesanti quanto ipocriti, con cui gli ignoranti venivano “preservati” nella loro povertà carica di superstizione.
La follia come un mondo alternativo, dove ogni Don Chiciotte può combattere i propri muli­ni a vento, isolato nella sua utopia personale, dove la massa popolare non deve seguirlo.
For­se, quest’esempio sembra troppo romanzesco, il racconto auto-referenziale di una éli­te, artisti ed intellettuali che, come Tommaso Campanella, si fingono matti per non cedere alle assurdità imposte dai potenti di turno.
La Storia della follia di Michel Foucault, invece, è la precisa ricostruzione storica delle terri­bili vicende di una umanità dolente, contro cui si è scatena­ta una repressione durissima dal medioevo all’ottocento, perché, come spiega l’autore la follia da stato di grazia (dato dal contatto con gli dei) diviene l’oltraggio al potere religioso e regale, l’affronto causato dal suo sconvolgere valori e razionalità pubblica; a sostegno di questa verità, l’archeologo dei saperi, addita alcuni innocenti detenuti nella Bastiglia (Parigi) rei d’essere diversi da Dio e dagli altri uomini.
Per il filosofo francese, importante è capire che, dopo il mille, gli stolti diventano dannati e dunque furiosi, cioè sono considerati uomini pericolosi, che scelgono di alienarsi dalla real­tà per non voler sopportare le responsabilità implicate dalle regole fondanti la civiltà uma­na; anime irrequiete e suicide, votate al tradimento quanto al piacere lussurioso.
Anzi, questi esseri immondi sono equiparati alle belve feroci, tanto che, nella Francia del XVIII sec. troviamo conventi francescani dove ”gli educatori” cercano di restituire comple­tamente i degenerati al loro stato bestiale, per poi tentare di ammaestrarli, successivamen­te, come animali domestici.
Comunque, fino al XIX sec. sono i religiosi a prendersi cura dei corpi e delle anime di que­sti infelici, così l’ordine religioso di Bons Eilsfonda nel 1602 fonda la Charité a Parigi e nel 1645 la Charité di Sémils considerate i migliori asili per rabbiosi di Francia.
Sia per l’aristocrazia nobile e sia per la borghesia rampante: i folli, qualunque cosa essi siano, vanno tenuti lontani, anche dalla famiglia, soprattutto se povera poiché non potreb­be garantire la sicurezza, non del malato ma, della società.
Foucault scrive ne La nascita della clinica che, l’allontanamento dalla famiglia a favore dell’internamento in ospedale è una aberrazione, una “malattia della malattia” nessun af­fetto è consentito verso questi mostruosi scherzi della natura.
Spesso, avere uno di questi esemplari nell’albero genealogico equivale ad una nota nega­tiva ed infamante, così da mandare il “disonorante” il più lontano possibile dalla casa d’ori­gine, per cercare di cancellarne ogni segno fisico oltre alla memoria.
Fino alla nascita del manicomio moderno nel XVIII sec., gli asili per l’internamento dei folli sono posti ai margini della provincia o nei sobborghi della città, questo per evitare che le urla disperate dei reclusi potessero giungere ed invadere il mondo dei normali, costringen­do quest’ultimi a prendere coscienza dello strazio di corpi martoriati, anche, con la frusta, ricoperti d’insulti e di stracci sporchi.
Il professore di Parigi, riconosce che, nell’epoca contemporanea, la medicina è notevol­mente progredita e che questa ricostruzione storica ci serve per capire alcuni tabù e alcuni preconcetti che, tutt’oggi, gravano sulla civiltà occidentale favorendone la corsa verso il declino.
Questo è quello che il nostro saggista ha imparato dal filosofo Friederich Nietzsche, il qua­le però, nell’epilogo de La gaia scienza, lascia la parola agli spiriti liberi che saltando e ri­dendo come folletti maliziosi e giulivi dicono: “Non ne possiamo più, basta, finiscila con questa musica nera come i corvi. […] Ci fu mai un’ora migliore per essere lieti? Chi ci can­terà una canzone, una canzone mattutina così assolata, così lieve, così aerea che non im­paura i grilli – che i grilli anzi invita a cantare e ballare insieme?”.
Vogliamo unirci al coro allegro che va incontro al deserto? Senza smaniare dietro al mirag­gio dell’oasi felice, impegniamoci a non demonizzare, mai più, tutti i diversi, allontanandoli da noi, aboliamo tutti i ghetti e tutte le barriere che ci condannano all’estinzione, come di­nosauri obsoleti.

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