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Il segno delle idee

Il mio spazio creativo

Giocando con Ivan

Giocando con Ivan

Ho appreso recentemente che, le dilatazioni di tempo, a me tanto familiari, sono cose da pazzi, allucinazioni che, non devono permeare i ricordi, neppure quelli inconsci.

Il mio tempo è variabile, si ferma nell’osservare un colore lontano, la scia di un arcobaleno, e la mia miopia lo trasforma in un bellissimo pensiero, audace nella sua semplice chiarezza.

Una riflessione riflessa, perché diventa stimolo per nuovi discorsi, e dei discorsi giungono le voci che, a loro volta, raccontano storie d’epoche lontane ma presenti, ricordi irrompenti a passo di pizzica-pizzica mentre, il tempo esterno scorre, anzi, fugge via, vergognandosi, della propria superficialità e disattenzione verso il mancato riconoscimento della realtà.

Dalla sfocatura delle inquadrature sembra evidente che, i miei occhi non accettino orizzonti pre-confezionati o surgelati, a scadenza indicata per la consumazione standard. So che c’è, sempre, qualcosa di molto personale, in quello che vedo e, spesso, m’incuriosisce scoprire il senso di quelle modificazioni personali così credibili che, se non fossi sicura della mia fallacia, crederei certamente, alla loro verità.

Ai pazzi manca questa coscienza, non hanno possibilità di stabilire un contatto fra tempo interno e tempo esterno, fra l’io e il mondo, chiusi in un’unica realtà che, potrebbe sovrapporsi su quella del mondo; e questi sono i più pericolosi, perché nascondono la loro incoscienza, fino a quando la impongono come regola assoluta.

Si, l’uomo folle, è isolato da un tempo cuscinetto che, gli piomba addosso come, una tromba d’aria che cammina sugli scogli, non un evento pubblicizzato, ma neanche, giustificabile. La follia crea un’intercapedine tra vero, credibile, giustificabile, esiste unicamente la realtà, la propria realtà.

Quando guardo in lontananza vedo un cielo, è bellissimo, senza nuvole, ed il mare senza confini, allora, perfino i passanti assumano volti angelici e, nulla confonde l’armonia delle forme e delle espressioni.

Sognare ad occhi aperti, forse, equivale a seguire lo sviluppo di un pensiero, un’ispirazione che, è la proiezione della nostra realtà.
Un racconto che, assorbe e dissolve il tempo stesso.

Buffo illudersi che il tempo sano, quello universalmente ammesso, sia soltanto quello scandito dalle lancette di un orologio meccanico, misura di una santità martire, perché ha sacrificato la beatitudine, al ritmo della produttività.

Tempo, quello lineare che ha per scopo la rigenerazione, senza finire mai…ed al tempo si sovrappone tempo, complicandone il disegno, con tratti interrotti, da non essere trascrivibili in ordine di particelle millesimali…

La realtà è tutta ordinata in schemi e sistemi che, non lasciano tempo ai cambiamenti di rotta, al volo felice di un palloncino scappato dalle mani del padre del bambino.
Bello confondere le età ed i ruoli, essere adulti e concedersi qualche momento d’infanzia, una carezza, un gelato, un amico.

Ivan è il mio amico ed insegnante, quello che mi raccomanda di parlare, solo, di ciò che conosco e di tacere il resto, quello con cui salto le lezioni di filosofia morale, per andare al mercatino di Natale, quello con cui vado al bar il pomeriggio prima degli esami e con cui scappo, in un giorno di sole, a vedere il mare; il mio amico, insomma, il compagno di giochi cui telefono, per proporre una marachella lecita ma non necessaria.

Il nostro gioco preferito è descrivere, criticando, quel che vediamo: io miope e lui ipermetrope, io “forestiera” e lui indigeno, io tranquilla e lui iperattivo, dire che ci soffermiamo sugli stessi oggetti, sembra poco credibile.

Alla torre saracena ci siamo arrivati dopo quindici minuti di strada, con la vecchia panda bianca, rumorosa ma efficiente per correre via dalla città e salutare l’esplosione di una primavera ventosa.
Il soggetto da analizzare, oggi, dovrebbe essere un molo usato dai pirati per sbarcare sulla costa; ci sono, ancora, dei resti archeologici.
L’area è recintata, per questo Ivan, mi porta sugli scogli più alti, così da sconfiggere, con lo sguardo, ogni muro, dice lui, io non vedo niente comunque.
Il vento è bello, sa di vita selvaggia all’aperto, un po’ primitivi e un po’ vagabondi, pronti a volare più in alto dei nostri ideali, proviamo ad accomodarci sugli scogli e di lì godere del panorama.
Lo spettacolo è entusiasmante: il mare agitato e spumeggiante, con sottofondo musicale, proposto dalle onde che, s’infrangono nell’insenatura dei pirati.

Forse, i barboni hanno questo mare mosso dentro le narici quando decidono di lasciare la civiltà per dormire avvolti nelle pagine di giornale, sotto le stelle.

Proiettando la nostra posizione verso nord, vedo qualcosa d’abituale per Ivan, una costruzione demolita:
“Guarda là, che succede, c’è del fumo, guarda, guarda.”
“Lucia, quelli sono i resti di una torretta d’avvistamento saracena; il vento alza un po’ di terra e polvere; tu che vedi?”
“Forse, vedo troppi film come Hightlander, quando uccidono Sean Connery”
“No, è una rovina dei miei avi saracini”
“Per il tuo cognome? Ma che freddura, come ti vengono, nemmeno gli inglesi arrivano a tanto. A proposito di freddura, dovremmo comprare dei panini, ormai, la mensa è chiusa, niente pranzo e nemmeno sarà facile trovare qualcosa aperto, a quest’ora.”
“Aspetta che infilzo un’orata e la cuciniamo sul fuoco, come giovani marmotte scout.”
“Certo, ma potresti pescare direttamente a mani nude, poi andiamo alla torre ed issiamo la bandiera per segnare la conquista!”
“Sì, ma non è facile arrivare alle rovine laggiù, ci roviniamo noi!”
“Ah, sei proprio in vena, una dietro l’altra, a coppia come i carabinieri.”
“Possibile che sia così tardi, al solito non porto l’orologio, a che ora siamo partiti?”
“Fintanto che ti sei deciso… senti che profumo d’ossigeno, altro che i corridoi senza finestre del nostro dipartimento; a volte, mi sembra di soffocare al buio di quel cemento, più brutto non potevano farlo.”

Tutti i discorsi sembrano fatti per perdere tempo e rimanere lì a contemplare il nostro tempo assoluto, il vento fra i pensieri spettina ogni convinzione preconcetta e possiamo ridere della nostra ragionevolezza e della nostra fame.

Ivan è forte in storia e m’informa sui pirati del mediterraneo delle fortune e ricchezze di questa terra e dei pianti dei suoi abitanti, dei loro difetti con qualche speranza di virtù.
Anche lui non vuole tornare subito, ha litigato colla ragazza ma evita il discorso, io ho bisogno d’ossigeno, necessito di uno spazio senza ripari che, però, non minaccia ritorsioni contro un’esistenza semplice, modesta con brio.

Ho spento il telefono cellulare, Ivan non l’ha, è contro sovrastrutture tecnologiche, non vuole essere controllato dice, non telefona volentieri nemmeno da casa, niente internet, il televideo appena.

“Una pausa ci voleva proprio, potrei stare qui per l’eternità, lontano dagli sguardi invadenti che, vorrebbero scrutarti l’anima, per valutare se rubartela”.
“La tua anima è preziosa, quanto costa?”
“Pochi centesimi, sai quando ero piccolissimo, una notte stavo male sembrava stessi morendo, il dottore disse a mia madre che si era gonfiato il cuore da riempire la cassa toracica e disse che se non fossi morto, allora da grande avrei avuto un cuore fortissimo; da questo ne deriva che la mia anima è immortale, per quel che può valere…”
“Bé, almeno sai di averne una; per noi donne, la cosa non è certa”.
“No, io sono sicuro, voi l’anima non l’avete, per questo volete rubare la nostra”.
“Litigio serio con Maria, vero? Dai si aggiusta sempre”.
“Lo vedi questo mare agitato? Quando ci sei dentro sei disorientato, confuso, sbandato, sono stufo di andare avanti così, da vanto a vento, portato dalla corrente su scogli aguzzi che saprei evitare”.
“La barca in mare non va da nessuna parte senza vento e corrente, soprattutto se, come te, rifiuta l’aiuto di motori e tecnologia moderna.”
“Meglio finire sfracellato sugli scogli? Inutile le donne sono spietate, senza anima e pure cocciute”.
“Mi stai facendo la serenata, ma gradirei più melodia, un po’ di swimming ed un aperitivo analcolico con patatine, grazie”.
“Si, padrona; sarà servita subito sulla terrazza sottostante più vicina, al contatto con le onde”.
“Chi sarebbe senza anima?”
“Le donne, sempre loro, noi altri possiamo solo difenderci”.
“Ma guarda con che faccetta di bronzo sta parlando. Si vede proprio che sei discendente di un pirata”.
“Direttamente da barba blu, arenatosi sulle lande della Puglia prima di divenir fantasma”
“Gli racconto questa storia, credi che per l’esame di morale sia adatta?il mare agitato, le sirene e la maledizione d’Ivan?”
” Certo, per farti bocciare prima di subito. Non è un professore cui puoi raccontar le tue idee; vedi che i libri di testo sono soltanto quelli che ha scritto lui.”
“A lezione è presuntuoso, non risponde a nessuna domanda, se non corrisponde esattamente a quello che vuole lui.
Ti vuole far sentire una nullità, solo lui può pensare; studiare quest’esame è pesante, anzi insostenibile perché mi viene davanti la sua brutta faccia”.
“Sì, ma è un esame fondamentale, non ti avvelenare e fallo”
” Donne senza anima, bisogna ribadirlo il concetto perché, a me, fila poco”.
“Cara mia, noi siamo più forti e vi mettiamo sotto”.
“Ecco qual è la filosofia morale dell’esame, i forti hanno ragione; per fortuna il mare fa naufragare i pirati ed i loro fantasmi! Andiamo a mangiare che tutto questo iodio mi ha messo fame e devo crescere ancora”.

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