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Silenzio perfetto

Silenzio perfetto

L’amicizia non vuole limiti né confini, ed ha la costanza di resistere ai silenzi, la pazienza di attendere le confessioni segrete, superare le dimenticanze e la pioggia estiva; l’amore invece è un impulso violento che travalica e travolge ogni confine, proprio questa sua forza irruente, indebolisce la sua resistenza, la passione necessita di continui “approvvigiona-menti” come fossero legna da ardere nel camino per riscaldare il cuore, e consuma, col suo ardore, tutte le provviste e le scorte per disperdersi, infine, nella notte priva di carezze.L’ipotesi si complica quando amicizia ed amore si sovrappongono e s’intrecciano fino a scambiarsi le vesti, come gemelli siamesi, il cui riconoscimento è difficile perfino ai propri genitori.

Paolo e Stella si sono conosciuti a Parigi, sotto la torre Eiffel, lontani dalla vita di sempre, pronti a salire in cima al mondo per curiosità o per sentito dire, un’altitudine da vertigine come in volo su un aereo verso l’isola dei sogni, una sfida contro la nausea delle solite ve-dute dal basso ventre dell’umanità.

Sconosciuti ma amici di amici, in gita scolastica, l’ultimo anno del liceo; a loro volta diven-tarono amici, e coscienti di esserlo nonostante i sospetti ed i sorrisetti degli “altri” amici con cui non avevano la stessa immediata e quasi innata confidenza; Stella e Paolo si trovaro-no subito incredibilmente uniti ma era troppo tardi, non c’era più tempo per storie serie; pochi mesi ancora e poi l’università, un’altra città, un’altra prospettiva di futuro, tante atte-se da rispettare.

La lunga estate della maturità fu piena di novità da sperimentare: dalle feste del 18° com-pleanno alle prime uscite alla guida dell’auto di papà, i progetti e l’entusiasmo per una vita universitaria goliardica come nei film, il premio per aver superato bene l’esame di maturità.
Mentre a Settembre riapriva la scuola, loro erano autorizzati ad alzarsi tardi la mattina, od a rinviare gli impegni al giorno seguente; questo accresceva la vogliadi rincominciare la vita da studenti, rendendo soprattutto Stella impaziente ed irrequieta.

Paolo andò a studiare con alcuni compagni di classe a Pisa, Stella raggiunse i parenti nel-la grande Milano. Da quando si erano incontrati, avevano preso l’abitudine a telefonarsi tutti i giorni, oltre le passeggiate quotidiane per andare a scuola o al mare; tuttavia i primi mesi d’università trascorsero nel traffico di nuovi impegni e nuovi indirizzi, fra strade sco-nosciute alla ricerca d’altri punti di riferimento; i due ripresero il loro rapporto quotidiano durante le vacanze di Natale, felici di trovare tutte le cose nel posto dove le avevano la-sciate. L’aria d’indipendenza si manifestò stranamente nel ridurre le uscite con gli amici a poche serate, mentre loro due concordavano appuntamento per fare piccole commissioni dal giornalaio o al caseificio, senza togliere tempo alle rispettive famiglie che reclamavano l’assenza dei mesi passati e di quelli futuri.

Quel Natale fu essenzialmente questo: scambiare il proprio giudizio su una nuova realtà e confrontarla con quella che l’io avrebbe vissuto cambiando la sede universitaria come se l’io fosse lo stesso con due facce quella di Paolo e quella di Stella.

Incoscienti, si scambiavano la pelle senza accorgersene, si nutrivano uno del racconto dell’altra senza accumulare alcuna forza da spendere nei periodi di magra lontananza.

Finite le vacanze iniziò la preoccupazione per gli esami e per i costi di mantenimento, le telefonate interurbane costavano troppi gettoni, però sentirsi era diventata un’esigenza imprescindibile, così iniziò lo scambio settimanale di lettere lunghe e dense di segni per-ché entrambe avevano una calligrafia incomprensibile a caratteri piccoli, forse timidi ma, mai imbarazzati. Le lettere sembravano un esercizio con l’amico immaginario dei bambini quello cui si racconta la propria interpretazione del mondo, perché il fatto lo ha già vissuto con te senza saperlo; perché avrebbe dovuto esserci questo sodalizio non se lo chiesero mai, non quell’inverno, occupati più nel commentare i libri che aveva scelto l’altro, i film che aveva visto l’altra, confidarsi i progetti segreti di viaggi alla ricerca di uno stile di vita personale.

La primavera era arrivata con i fiori sugli alberi ed una temperatura quasi sempre mite che permetteva di metter via cappotto, sciarpa e cappello per vestiti più leggeri di meglio sotto-lineano le belle forme di corpi giovani, invincibili. In particolare, stava finendo aprile le brevi vacanze pasquali erano passate quasi inutilmente perché a Paolo era salita la febbre e non avevano potuto incontrarsi.

L’assetato non si assuefa alla sete, così tornata a Milano, Stella decise di andare a trovare Paolo, per vedere con i propri occhi come si fosse sistemato, che colori ci fossero là dove la nebbia padana non arriva, quasi una scusa per festeggiare insieme o per interrompere una lontananza dovuta e non voluta.

Fra i due lei era la più impulsiva e frettolosa, al punto che Paolo le diceva spesso di riusci-re a leggere nei gesti i suoi pensieri, anche quelli segreti, come scritti su un libro aperto, non che lui fosse meno sincero e spontaneo ma, forse, semplicemente più razionale nel censurare le proprie reazioni. Paolo sopportava male la distanza cercando di accumulare meriti da spendere per trasferirsi anch’egli a Milano ma, spiegare a Stella o ai genitori il motivo di insoddisfazione di una matricola fuori casa, senza parlare di solitudine o d’amore, equivale a voler fare una frittata senza rompere le uova.

La linea Milano – Pisa, tuttora, non è diretta, Paolo si sarebbe fatto trovare alla stazione di Firenze per poi proseguire insieme fino a destinazione. Paolo era come un cavaliere er-rante, non un principe con la piuma sul cappello, il suo sorriso non era fulgido e bello ma il suo sguardo sempre vigile, a far da congiunzione fra i sogni e la realtà senza troppe illu-sioni da idealista perso, disposto anche a essere calpestato pur di favorire il cammino di Stella. Questo sacrificio era così confacente al carattere del ragazzo da non manifestarsi come “penitenza” ed, infatti, Stella procedeva oltre, senza accorgersi del conforto offertole dal compagno di giochi. D’altra parte iniziativa e decisioni erano sempre derogate a lei, questo appesantiva ogni suo slancio, ogni parola ed ogni sorriso, perché lei avrebbe dovu-to prevedere tutte le conseguenze e sentirsi colpevole di ogni fallimento.

Indipendentemente dai sospiri dei due, gli amici di Paolo organizzarono una “gita fuori por-ta” a Firenze, scalo obbligato per Stella che aderì, immediatamente, all’iniziativa, così si ritrovarono di sabato mattina a Firenze per una passeggiata fuori delle Chiese, dagli Uffizi, più importante era parlare, ritrovarsi felici con la voglia di muoversi come per vivere ogni respiro sotto il cielo di quella città, tanti luoghi belli da visitare non valevano tanto quanto il poter condividere quella giornata, la libertà di costruire la casa ovunque si decida di anda-re.

Le fotografie di quel sabato furono scattate unicamente per immortalare quella gita, con-sapevoli che sarebbe rimasta un episodio fortuito, legato all’età ed alla clemenza del tem-po. Firenze non si gusta in un giorno, né Parigi in meno di cinque ma questo avevano a disposizione, di fatto erano lì, il resto sono solo pretese di chi non è soddisfatto ed appagato dalla propria esistenza.

La sera Stella seguì Paolo a Pisa, non erano soli nello scompartimento c’erano altre due persone che ignorarono, i due giovani avevano mantenuto le distanze per l’intero giorno senza mostrare troppa confidenza per preservare l’intimità dalle battute facili degli altri, un misto di vergogna, orgoglio e gelosia che univa loro due contro amici e confidenti vari.

Scesi dal treno il cielo era già scuro, la strada piena di gente e lampioni accesi, difficile rendersi conto dell’ora esatta, iniziarono a camminare veloci, quasi non volessero farsi ve-dere, poi ridendo della fretta ingiustificata, rifecero il corso per andare a prendere un gela-to, assaporando il piacere di stare fianco a fianco senza dare importanza al desiderio fre-netico di quell’andatura quasi ubriaca di felicità.

Buffo, sprecare l’occasione di far follie senza essere controllati, non era nemmeno notte fonda quando si ritirarono a casa di Paolo e d’altri quattro studenti tutti presenti.

Gli eccessi sono per gli adolescenti, a loro non importava fare e raccontare imprudenze straordinarie, quella serata eccezionale non era fatta per essere raccontata neppure a se stessi, e procedevano ingenuamente scambiandosi sguardi impertinenti e maliziosi.

Stella aveva uno zainetto con dentro un vestito “sfizioso” per l’indomani via i jeans senza vanità e dolcezza. Dopo il saluto della buonanotte si chiusero tranquilli, ognuno nella pro-pria camera, senza pensieri o sogni da fare per occupare distanze di km e di giorni; i desi-deri espressi e no, erano tutti lì appagati, in parte, o taciuti nel silenzio della notte.

Il giorno seguente programmarono un’escursione per gl’anfratti della città, appena usciti dalla porta di casa Stella perse l’equilibrio ed iniziò la giornata con un’incredibile caduta dalle scale che le dette la scusa per camminare stretta al braccio della sua guida.

Per quanto Pisa fosse piccola, c’erano tante sorprese che Paolo aveva scoperto e che ora voleva mostrare: la luce improvvisa in una stradina con l’arco, una cascata di fiori giù da un balconcino romantico, la piazza piena di turisti stesi a terra come bambini disubbidienti inebriati dal tepore del sole primaverile; la tenerezza si fermò li, uno strano senso del pu-dore non permetteva né all’una né all’altro di osare una carezza fino ad un bacio.

La paura di rompere una bella amicizia, come se per l’amore ci fosse ancora tanto tempo, il mondo sembrava incantato e fermo in un riflesso di luce scintillante nei loro occhi, ed in-vece il tempo correva e sfumava via, portando con se l’intesa di due cuori che, battevano ad unisono. Mancava l’esperienza, nessuno dei due seppe valutare il proprio spasmo nel respiro. Verso il tramonto si avviarono alla stazione, al treno seguirono dapprima telefona-te, poi lettere sempre più brevi infine mail, qualcosa di astratto, dalla forma distratta e ve-loce. Città diverse, amici diversi, interessi diversi e non c’era più alcun motivo per scam-biarsi la pelle, col sospetto di non essere abbastanza interessante, la gelosia verso chi non sì conosce, l’orgoglio di sentirsi sottovalutato, e l’amarezza di non saper più cosa dire, fin quando Stella decise di troncare l’agonia di un’amicizia che non sapeva più esprimersi. Le circostanze erano cambiate, Paolo aveva lasciato crescere la barba ed un po’ i capelli, aveva assunto un atteggiamento più deciso e più egoista nel non voler mai cedere il passo per primo, Stella aveva abbandonato gli occhiali a favore delle lenti a contatto, tagliato i capelli ed introdotto una frangetta corta e birichina, aveva preso l’abitudine ad un’ora di corsa quotidiana, per sfogare la propria energia e controllare, meglio, la propria loquacità perché nessuno potesse leggere i segreti della propria anima.

Il tempo non era più abbastanza da fermarsi ad ascoltare la voce del protagonista di un’altra storia; così senza la voglia di perdere altro tempo Stella scrisse a Paolo per e-mail:

Quando la battaglia è finita e devi concedere all’avversario l’onore delle armi?

Fin quando insistere? Quando è il momento di riconoscere i propri e gli altrui limiti?

Fin quando devo parlare… da sola… e non pretendere risposte da te? Quando siamo a casa giù, non ti fai vedere, quando siamo su, non sempre rispondi al telefono e comunque non chiami mai ad internet dici di collegarti poco, insomma latiti la nostra amicizia, allora non c’è altro da dire.

Non credo risponderai e vado via prima del tuo silenzio che non voglio aspettare né accet-tare il tuo come nessun altro silenzio impostomi.

Preferisco mantenere il ricordo della nostra amicizia con la sintonia perfetta e disinvolta che c’era e perfetta non sarà più naufragata in un silenzio che raffredda il bisogno di co-municare e scatena incertezze sulla reale comprensione dei problemi. Saluti Stella

Paolo brevemente rispose ai saluti:

Non sono d’accordo ma se così vuoi, così sia. Saluti Paolo

Ed il silenzio fu perfetto; per gli antichi, l’attributo di perfezione è la finitezza, dunque quest’amore è…

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